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Giovedì 11 Settembre 2025
Ice Club, 50 anni di nuoto e cose belle
Compleanni Molto più di una società sportiva. Un autentico punto di riferimento. Tradizione ed eccellenza
Como
«Insegniamo a nuotare a duemila bambini all’anno». E, idealmente, soffiano anche loro sulle 50 candeline di Ice Club Como. Molto più di una società sportiva. Un autentico punto di riferimento. Tradizione ed eccellenza che - presidente dopo presidente. allenatore dopo allenatore, atleta dopo atleta - sono state tramandate nel tempo, da Casate, dove tutto cominciò, ai giorni nostri. E, ai giorni nostri, il front man della società dello squaletto è Guido Albanese, a cui toccherà il primo taglio della torta al compleanno.
Lei è un presidente felice?
Come potrei non esserlo?
Perché?
Perché dirigo una società forte e in salute. Che ha i conti a posto ed è senza debiti. E può guardare con orgoglio al presente e al futuro anche per quanto di buono è riuscito a fare nel passato.
Il segreto di tanta felicità?
Deriva dal fatto che la società ha saputo assorbire i momenti più difficili, portandosi sempre avanti.
In che senso?
Nel senso che continuiamo a godere, fortunatamente, di una visibilità importante pur navigando in mezzo alle difficoltà.
Ci fa qualche esempio?
Prendiamo la Riforma dello sport del 2023. In teoria avrebbe dovuto essere migliorativa, nella realtà si è rivelata un boomerang. Si è trattati al pari di una piccola/media impresa: piani di sicurezza, il responsabile delle risorse umana, i corsi per la sicurezza e l’antincendio.... Non si è fatto i conti con le persone che “fanno” la vita di un club.
E cioè?
Come succede da noi in Ice Club lo zoccolo duro è formato da dopolavoristi o studenti che associano l'attività sportiva in piscina a quella principale. Diciamo che la Riforma ha una visione per società professionistiche e penalizza le piccole.
Altro?
La città non è di aiuto, la situazione degli impianti è lì da vedere. La mia, badate bene, non è polemica, visto che non ho intenzione far guerra ad alcuno. È la fotografia della situazione.
Presidente, però, non ci intristiamo. Qui si va a celebrare un compleanno importante. Come ci arriva Ice Club?
Bene. Molto bene. Perché abbiamo avuto il coraggio di essere lungimiranti. Programmando. Ci siamo portati avanti. Trasformandoci da Asd in Ssd. Un percorso lungo, quasi dieci anni. Dall’idea dell’allora presidente Marco Galli. Il nuovo status ci dà la possibilità di accedere a tutti i bandi europei. Una nuova dimensione legata allo sviluppo dell’attività. Un parto lungo, che ha avuto anche la necessità di aggiustamenti, ma che ha dato frutti.
Soddisfatto?
Eccome. Siamo riusciti nell’impresa di dividere la società tra i ragazzi e la gente che ci lavorano. Abbiamo 19 quote tra i nostri collaboratori.
Che vantaggi ha e che sbocchi lei vorrebbe che avesse questo status?
Per prima cosa significa un profondo senso di appartenenza. Pensateci, non è poca cosa. Poi la mia ambizione è quella di stabilizzare e dare futuro alla società e a chi ha scelto di diventarne parte attiva. Il turnover societario è giusto che ci sia, il senza scopo di lucro continuerà a essere la stella polare, ma anche un minino di certezze per chi collabora o ci lavora non fa male. Diceva Darwin che «non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento». Ho, anzi abbiamo, fatto nostro questo concetto.
Facciamo qualche numero?
Ben volentieri.
Prego...
Tre importanti scuole nuoto: in Sinigaglia, a Casate e alla Foscolo, che peraltro gestiamo in toto. Siamo l’unica scuola Fin di Como, con tutti gli annessi e connessi che seguono.
Vuol dire?
Aggiornamento continuo del personale, seguire con scrupolo i protocolli, avere personale con brevetto e con una formazione da rinnovare di anno in anno.
Una politica che vi ha portato, alla soglia dei cinquant’anni, a essere un’eccellenza riconosciuta.
La nostra evoluzione non ci ha obbligato a cambiare pelle. Anzi, direi che gestioni, corsistica e attività agonistica hanno il grande vantaggio, in Ice Club, di viaggiare compatti.
Vantaggi?
Rispetto a quello che leggo in giro, con piscine sempre più associate ad agglomerati di gestione che fanno capo a realtà importanti e grandi gruppi italiani e internazionali, noi possiamo continuare a basarci su un know how di assoluto prestigio e che poggia su solidi radici da tempo piantate nel territorio. C’è bisogno adesso di figure abilitate perché non basta più il sacro fuoco dell’agonismo? Da noi ci sono tutte.
Un bel risultato...
Lo ripeto, mi ritengo il fortunato presidente di una società che non ha debiti. Ecco perché nessuna impresa ci spaventa: perché si fonda su una base importante e con i conti in ordine. Siamo pronti a tutti.
Ma quel “duemila bambini all’anno” detto all’inizio che dato rappresenta?
Il risultato più lampante del combinato strutture-personale-capacità. Mettiamo in acqua i neonati, gestiamo una realtà di scuola paralimpica con 60 partecipanti. Sono questi i nostri fiori all’occhiello, noi che non a torto ci sentiamo tra i pionieri dell’attività con i disabili. Qui nuota chiunque, dall’appassionato a chi ha bisogno di una riabilitazione. La struttura scolastica, ad esempio, è diventata una dei nostri core business. Dandoci grandi soddisfazioni.
Parliamo di atleti?
Vuol dire 70 bambine nel sincro, una sezione di tuffi unica nel territorio, e 60 agonisti, tra normodotati e paralimpici. Oltre ai Master, che non ci abbandonano mai. Hanno cominciato qui da noi, continuano a nuotare nell’Ice Club.
Se guarda avanti, cosa si augura?
Mi piacerebbe che potessimo vivere in un mondo di pace dei ricchi e non di guerra dei poveri. Spazi acqua, atleti, istruttori: tutti a contenderseli, quasi non si sapesse dove andare a prenderli o a metterli. Noi, per fortuna, non siamo mai dovuti andare fuori a fare attività e continuiamo a far nuotare i nostri a Como. Questo fatto ci ha forse un po’ precluso il livello delle squadre agonistiche, ma ci ha anche permesso di contenere i costi per le famiglie.
In che senso?
Abbiamo mantenuto le stesse quote nonostante l’aumento del 30% degli spazi acqua. La nostra, non lo nego, continua a essere una visione etica della pratica dello sport. Poggia, ovviamente, sulla disponibilità degli impianti, perché senza impianti non c’è sport e senza sport si esaurisce anche la possibilità di distribuire maggior benessere agli operatori.
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