Male male Cantù. Eliminare in fretta i vecchi problemi

Basket A2 La sconfitta a Orzinuovi ha lasciato il segno con la S. Bernardo ricaduta negli errori del passato

«Ma possibile che non ci sia un’alternativa quando il tiro da fuori non va? Perché non si cambia giochi e non si dà palla sotto?». In più. «Non abbiamo possibilità di un’altra difesa, magari anche una zonetta da provare quando gli altri segnano con continuità?». No, non abbiamo ripescato un articolo di un anno fa, quando a una Cantù da montagne russe si rimproverava questo e altro.

Siamo all’indomani della sconfitta di Orzinuovi, prima gara di una fase a orologio che per l’Acqua S. Bernardo peggio non poteva cominciare: sconfitta con quasi novanta punti subiti, difesa mollissima e incapacità di cambiare inerzia della gara. Con l’aggiunta, ed è un’aggravante (perché ha lasciato la squadra orfana), di un nervosismo piuttosto latente del tecnico Devis Cagnardi, beccato la settimana precedente a concionare con la panchina di Vigevano ed poi espulso nel Bresciano dopo due falli tecnici.

La discontinuità

Al coach camuno era stata chiesta, prima di tutto, discontinuità rispetto alle pecche della squadra e del predecessore nella gestione di Meo Sacchetti. Bisognava cominciare, in fondo, da quel che si era rimproverato all’ex allenatore della Nazionale. Andando appunto a caccia di alternative di giochi per l’attacco (non di soli tiri da tre vive il cestista di A2) e poggiando su una difesa meno sbarazzina e più organizzata. Soprattutto non in balia dei lunghi avversari quando tocca far spallate vere nei momenti decisivi.

A Orzinuovi, oltre a vivere sulle fiammate del capitano e sulle giocate di Riccardo Moraschini e Anthony Hickey, non si è andati. Con le rotazioni già accorciate dall’assenza di Luca Cesana e dalla caviglia malconcia di Lorenzo Bucarelli, la guida tecnica ha deciso di autoimporsi una sorta di ridimensionamento dei minuti a disposizione.

Stride, e non poco, lo scarso utilizzo di Nicola Berdini con quel Curtis Nwohuocha utilizzato (forse meglio scrivere non utilizzato) fin qui a mo’ di freccia del motorino. Spesso e volentieri, lo hanno insegnato soprattutto quello che hanno vinto il campionato di recente, prima fase e orologio sono l’ideale banco di prova per tenere sulla corda più giocatori possibili. Forse l’unica ancora di salvezza per poi averli pronti e collaudati nel momento che conta, e cioè nei playoff, quando si va a giocare un giorno sì e un giorno no.

Rimedi? Apparentemente facili per chi come noi vede le gare da bordo campo a pressione (non arteriosa) minore o uguale allo zero. Un po’ più complesso per chi, di professione e tutti i giorni, deve gestire un gruppo con tanta qualità qual è quello di Cantù, ma maledettamente discontinuo. Detto che sarebbe da folli mettersi qui a fare processi alla prima sconfitta, che peraltro arriva dopo cinque vittorie di fila e un inizio 2024 da incorniciare, forse è meglio correre presto ai ripari.

Perché una delle condizioni per avere la Cantù che tutti sogniamo è evitare di fare raffiorare i vecchi problemi. Hanno già fatto danni nel recente passato, meglio non ripetere gli errori adesso. E la discontinuità con quel che è stato deve manifestarsi qui (e ora). Portando sul campo, la domenica, la mole di lavoro della settimana.

C’è del feeling, ad esempio, tra Cagnardi e i suoi assistenti Mattia Costacurta e Tommaso Sacchetti. Lo si è visto anche nella gestione di quel quarto e rotti senza capo allenatore. Buone scelte, cambi logici e approccio giusto. Chiaro - un po’ come l’occhio del padrone... -, la presenza del tecnico titolare forse avrebbe potuto avere ricadute diverse sulla gestione del finale di una gara sempre stata sul binario dell’equilibrio, ma saremmo dei pazzi se legassimo l’uscita a vuoto di Orzinuovi con l’uscita dal campo dell’allenatore di Pisogne.

La gestione

Piuttosto ci sarebbe da rivedere la gestione dell’ultima azione. Poco da rammaricarsi sul fallo non fischiato (perché non lo era) a Moraschini, qualcosa in più su come siano andati i 6 secondi abbondanti in uscita dal timeout, con la scelta di Hickey di provarci da tre e il tap in fallito da Baldi Rossi. Due tiri due in sei secondi, la possibilità di vincere la partita o portarla al supplementare. Non è successo, come capita. L’importante, tuttavia, è avere sempre dei giochi pronti, perché la situazione si potrebbe riproporre per chiudere bene un quarto, riequilibrare le sorti e portare a casa una gara. Una grande squadra si vede anche da queste cose.

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