Pallacanestro Cantù / Cantù - Mariano
Venerdì 19 Dicembre 2025
«Quell’assist di Pierlo e il canestro decisivo. Cantù, serve coraggio»
Riva, doppio ex di Cantù e Milano: «La mia partita. Non rimpiango nulla, ma in Brianza derby più vivo»
È l’emblema del derby, lui che l’ha vissuto sulle due sponde. Cantù-Milano è la partita di Antonello Riva, il bomber dei bomber. La guarderà di sicuro, forse non sarà a Desio («farò di tutto per esserci, ma ci sono i nipotini...»). Di certo, non sarà una partita come tante altre. “Nembo Kid” ci accompagna per mano verso l’attesissima partita di domani sera a Desio. Lui doppio ex, protagonista di un trasferimento discusso.
Riva, Cantù-Milano sembra una sfida con vincitore già designato. Sarà così?
Non dobbiamo nasconderci. Chi fa l’Eurolega ha un budget smisurato, nessuno è potente come Milano e Virtus Bologna. Verrebbe da dire che è una sfida impari, con quintetti super competitivi.
Tutto già scritto, quindi?
Sulla carta è una sfida che non esiste. Ma è un derby. È “la” partita e come tale esula da tutte le altre. Questo per dire che i valori in campo vengono azzerati e potrebbe nascere un equilibrio incredibile. E il risultato potrebbe non essere scontato.
Cosa o chi potrebbe cambiare lo stato dell’arte?
L’esempio è facile. Basile è un grande prospetto, ma è fondamentalmente un esordiente in A e nel derby. Se lo metto davanti a un qualsiasi giocatore di Milano, non c’è gara. Invece, dico che può essere proprio il giocatore che potrebbe emergere e regalare la vittoria a Cantù.
Altri fattori?
La spinta del pubblico in queste partite può essere determinante. A Cantù tutti vivono per la squadra e da questo sprigiona una spinta che non ha eguali. E questo succede solo con le squadre di provincia.
Cosa invece non dovrà fare Cantù?
Avere paura di perdere. Succedesse, sarebbe la quinta consecutiva nell’ambito di un calendario pauroso, ma in campo non dovrà pensarci. Milano deve comunque dosare le forze dopo l’impegno in Eurolega e con un organico non ampissimo in questo momento.
Ha partecipato ai “Christmas Awards”, come ha trovato l’ambiente canturino?
Io vedo in Pallacanestro Cantù una positività di fondo. Il progetto del palazzetto che sarò pronto a breve e la chiarezza nella conduzione della società stanno dando certezze che prima non c’erano. Ovvio, quattro sconfitte consecutive possono trasformare questo ottimismo in paura di retrocedere.
Forse si è sopravvalutato il roster a disposizione?
Non credo, però la serie A è cambiata ed è difficile. Cantù può anche affrontare un campionato duro, ci starebbe. L’importante è esserne consapevoli e che non ci siano fibrillazioni.
La classifica di Cantù è giusta?
Di sicuro non è bella, mancano 2-4 punti. Il ko a Treviso è stato un brutto colpo. Il derby può dare una carica paurosa, ma anche farti precipitare nello sconforto. Direi però che è molto presto: le distanze sono molto brevi, due vittorie possono riportare la squadra verso posizioni più consone.
Dall’alto della sua esperienza, cosa consiglia?
Bisogna avere la lucidità di valutare la situazione e organico. Intanto, dico che Brienza è una garanzia. Anche lo scorso anno non fu tutto facile, ci mise del tempo a trovare l’equilibrio e ancora lo sta cercando. Niente drammi, non servono exploit clamorosi per salvarsi: consiglio calma, che serve a capire dove intervenire. E sono convinto che l’organico di Cantù sia buono.
Cosa serve per cambiare rotta?
L’intervento sul mercato spesso aiuta: nella mia Canturina Servizi del 2000/01, eravamo ultimi, inserimmo Damiao, Santangelo e Ansaloni e ci salvammo. Più di tutto, però, c’è gran lavoro psicologico da fare.
Green può aiutare?
Credo di sì, bisogna però trovare gli equilibri e Cantù ne ha pochi. Se si integrerà bene, darà una mano.
Qual è il derby di Riva?
Quello che mi ha consacrato, la gara 3 di semifinale scudetto nel 1981, finita dopo due supplementari: segnai 32 punti. Poi in questi giorni vedo sui social un derby partita al Pianella: Milano arrivava da undici vittorie, in un finale concitato il “Pierlo” mi lancia, schiaccio e vinciamo. Ci metto anche quella.
E dove è più sentito?
Per me è sempre stato bello da vivere, sia a Cantù, sia a Milano. A Cantù però, inevitabilmente, lo si avverte di più. A Cantù, negli staff e nella dirigenza c’è sempre qualche canturino. Ai miei tempi, anche mezza squadra era canturina... Anche senza fare niente, si riesce a trasmettere l’importanza di questa sfida anche agli americani.
Pensa ancora al famoso passaggio miliardario da Cantù a Milano nell’estate del 1989? Fu una decisione giusta?
Alla presentazione della mia autobiografia, c’erano tanti protagonisti di quell’epoca. Ebbene, ho sentito quattro versioni differenti sulle cifre di quella di quella cessione. Ciò che mi rimane, dopo tanti anni, è la convinzione che sia stata una cosa positiva per tutti. Per Cantù, perché con quei miliardi incassati ha vissuto bene altri anni. Per me è stato vivere un’esperienza diversa e formativa, perché sono cresciuto dopo gli anni nella “bambagia” in cui ero avvolto a Cantù.
L. Spo.
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