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Sabato 02 Agosto 2025
Aiuto, ci hanno scippato il boato del gol
La moda La musica che copre l’urlo di gioia iconico un altro passo verso un calcio più show e meno “vero”
Como
Il nostro calcio lentamente muore. Il nostro di chi? Il nostro di quelli che lo hanno frequentato come rito pagano della domenica, sì, certo, troppo serio per essere vero, ma affascinante nella sua sacralità. Ce lo ritroviamo carrozzone milleluci, pop corn e odore di zucchero filato. Luna Park. Ieri avevamo celebrato la genialità dei designer del Como, capaci di farsi copiare la maglietta lacustre ovunque. E purtuttavia anch’essa in parte sacrilegio alle tinte storiche. Oggi siamo qui a celebrare (oddio, celebrare: piangere...) uno scippo. Uno scippo clamoroso, eclatante, comico e doloroso, come quello del sangue di San Gennaro nel film di Dino Risi del 1966. Ci hanno rubato il boato del gol!!!! Come è possibile? direte voi (che magari seguite da casa, e al Sinigaglia non ci andate).
Il boato è sacro, non si può rubare. E invece no. Ce lo hanno sfilato dal cuore. Il rumore più iconico di uno stadio. Il rumore che fanno i bambini con meraviglioso esercizio di corde vocali e fiato, quando segnano un gol nei campetti dell’oratorio e corrono a perdifiato con i pugni al cielo. Il rumore anche, preciso-preciso, che rimbomba nella testa di un tifoso anche nella vita reale, quando magari riceve una promozione, vince al lotto, o incassa un “sì” all’invito a cena della ragazza che stava puntando da tempo. Goooooooool. Il boato. Il rumore che, a “Tutto il calcio minuto per minuto”, anticipava la segnatura ben prima che gracchiasse la voce del radiocronista. Quel rumore che usciva dalla radio (lo fa tutt’ora: è che le partite non sono più in contemporanea e la suspence è ridotta) e in pochi secondi ti faceva gelare il sangue: chi aveva segnato? Il rumore che da bambino ti aveva conquistato e ti aveva portato allo stadio come un pifferaio magico. Il rumore che, quando ti capita di essere fuori da uno stadio (magari sei uscito prima o transiti di lì), alzi la testa e ti commuovi, tanto esprime fanciullesca felicità. Il rumore che conserva una contemporaneità di sonorità magiche, effetto stereo che nessun impianto potrà mai copiare o rendere reale.
Lo senti solo lì, in quel catino. Il boato di chi, in quel momento si aggrappa alla vita e magari gli viene pure da piangere. Ah, sì scusate, ci stavamo commuovendo, e ci siamo dimenticati di dirvi chi ce l’ha scippato: il dj dello stadio che, non appena la palla entra in rete, spara Gigi D’agostino & Boostedkids con Shadows Of The Night, brano dance. Accidenti, il dj è un pistolero. Ha il grilletto fulmineo che nemmeno Clint Eastwood nei film di Sergio Leone. La musica non è una novità, già prima entrava Bon Jovi, ma almeno, orcocan, c’era qualche secondo per gustarsi il boato del gol. Adesso, pam!, più veloce di una fotocellula. A giudicare da quello che vediamo in giro, la cosa piace eh... La gente è tutta contenta, balla felice: poropopoporo poropopopo. Chissà se non lo sa, non ci pensa, o semplicemente non conosce la poesia di quel boato.
Ti dicono: oggi fanno tutti così, eh ci dobbiamo adeguare. E ti credo. La globalizzazione dello spettacolo. Del resto se da vent’anni in tv guardiamo format tutti uguali che nascono in America e poi vengono replicati in ogni nazione, tutti uguali, tutti cloni uno dell’altro, è perché ornai ragioniamo con l’algoritmo. Non serve solo per scegliere i giocatori, ma a creare un modello meccanicamente uguale a un altro, se funziona. E qui funziona per strappare a morsi dal calcio, come una belva sulla carne insanguinata, quei brandelli di spontaneità, passione, amore, e sostituirli con lo spettacolo a tutti i costi.
Ci hanno invaso, maledetti. Dobbiamo consolarci con il sottofondo dei gol delle vecchie telecronache o con gli occhi spiritati di Vittorio Gassman al gol della Roma ne”I mostri”. Migliori di quelli di oggi...
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