
(Foto di Cusa)
La bandiera del Como e l’addio al calcio dopo la gara con l’Inter
«Sono felicissimo e un po’ frastornato». E come non esserlo? Alessio Iovine, in due giorni, è entrato in un vortice di emozioni, dopo aver annunciato giovedì il suo ritiro dal calcio giocato. La decisione era presa da mesi ma, dopo l’annuncio, sono arrivate tante dimostrazioni di affetto. Dai compagni, dalla società, dai tifosi. Ma anche da tutto quel mondo che l’ha accompagnato prima della sua lunga esperienza a Como. Sei anni in biancoblù, uno dei primi mattoni della rinascita dopo la promozione dalla serie D. Ha giocato quasi ovunque: esterno alto, terzino, a destra e a sinistra. Ha fatto anche la mezz’ala e, in una occasione, anche il difensore centrale. Un jolly vero.
Iovine va a ruota libera: «Non ho parole per descrivere l’affetto, che questa sera e in passato, mi hanno dimostrato compagni e tifosi. Forse è pure eccessivo. Che dire? È stato un viaggio bellissimo, soprattutto non avrei mai pensato di smettere in un simile contesto, in serie A… Mi ero ripromesso di non piangere, ma è successo».
Del resto, prima di Como-Inter si è preso un primo abbraccio alla consegna della targa-ricordo da parte della società. Nuovo colpo al cuore quando i tifosi, durante la partita, gli hanno dedicato uno striscione in curva: «Dalle giovanili alla serie A Alessio Iovine eterno lariano». Applausi e saluto. Fabregas, come facilmente prevedibile, gli ha anche concesso un quarto d’ora di passerella: non giocava dallo scorso 1 febbraio, sette minuti nella sconfitta a Bologna. Purtroppo, non è stato un campionato super a livello di minutaggio per Iovine (383 minuti giocati, nove presenze in tutto, di cui tre da titolare a inizio campionato contro Cagliari, Udinese e Bologna). Gran finale con i compagni che hanno indossato una maglietta con il numero 6 e l’hanno letteralmente sospinto sotto la curva: in braccio il piccolo Tommaso, alle sue spalle la compagna Francesca. Una serata magica e meritata.
Ma all’Alessio che faceva il raccattapalle al Sinigaglia, cosa direbbe l’Alessio che si ritira e viene osannato nello stesso stadio? «Direi solo una cosa: “non sai cosa ti sta per capitare”. Io però ho sempre pensato al presente, alle cose normali, al campo e ai campionati che disputavo. Mai ad arrivare in serie A. Ci sono arrivato a 33 anni, contento e in pace con me stesso. Nelle ultime ore, ex compagni, dirigenti, amici mi hanno scritto, puntando più sulla persona che sul calciatore. Tutti dicono che sono stati bene con me, che si sono divertiti e hanno trovato una persona importante: questo me lo porterò dentro sempre».
Spende un nome su tutti («Ho tre-quattro amici veri nel calcio, uno è il nostro portiere Bolchini, ma porto nel cuore tutti) e ricorda da dove è partito: «Ho alcune presenze in Prima categoria, tanti mi hanno chiesto per quale motivo la mia carriera sia partita dal basso e non da un punto un po’ più alto. Rispondo che, evidentemente, doveva andare così: sono contento di aver fatto un anno in A e uno in Prima categoria alla Bregnanese. Quel che ho seminato ho raccolto». Il momento clou? «Dico la promozione dello scorso anno: mi ha lasciato dentro tanto, è anche nato mio figlio. Ma ci sono mille momenti da ricordare in questi sei anni. Come scordare per esempio la promozione dalla serie C alla B?». È stato bello, ora inizia un altro capitolo, probabilmente nello staff tecnico. Di certo, non in ufficio. Sempre nel Como, sempre a casa sua.
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