Bolchini: «Scendo qui. Peccato, un viaggio clamoroso e vi spiego il segreto»

Se ne va il terzo portiere del Como. «Sin dall’inizio lo spirito che si respira ha fatto la differenza. Reina super»

Il suo viaggio si ferma qui. Pierre Bolchini, un simpatico portierone arrivato qui a 21 anni, scende dal treno azzurro dopo cinque anni a fare il terzo portiere. E pur tuttavia un viaggio bellissimo, emozionante, che rimarrà indelebile nella sua memoria, anche se le partite ufficiali giocate sono state solo due. Ma volete mettere l’arricchimento tecnico e umano? Per questo, nel dispiacere per la storia che finisce, si nota nella voce lo squillo della riconoscenza per aver vissuto una esperienza del genere. L’uomo della porta accanto che sale sull’astronave e va su Marte.

Pierre, come mai finisce qui?

La società ha deciso, non rinnovando il contratto. Un po’ me l’aspettavo, servono profili diversi. Sono un po’ triste ma non arrabbiato o amareggiato. Ringrazio il Como per l’opportunità e questi cinque anni incredibili.

Come sei arrivato a Como?

Ho giocato a Novara nelle giovanili con Gattuso e Ludi dirigente. Quando la squadra, il primo anno di C, fece il ritiro ad Arona, a pochi chilometri da casa, Ludi mi ha chiesto se mi interessava provare. Non aveva ancora finito la frase che avevo messo la roba nella borsa...

Cinque anni due partite...

Già. Beh, era prevedibile, l’asticella si è sempre alzata. Non sono state partite banali. Una è stata l’ultima di campionato della C nell’anno della promozione, proprio a Novara. A casa. Abbiamo vinto 5-0 e io ho parato un rigore. La stampa locale mi ha trattato da eroe anche in prima pagina. Ho assaggiato il piacere della popolarità (ride, ndr). Poi la partita con la Ternana nella Supercoppa di C al Sinigaglia, lì è andata meno bene, abbiamo perso, ma era pur sempre una partita in cui si celebrava la promozione.

Se guardi il film, che immagini metti nella sigla emozionale?

Difficile scegliere. Però metto il gol di Gabrielloni alla Roma, che abbiamo celebrato come un grande evento visto il legame che unisce Ale allo spogliatoio; l’esordio di Iovine in A con la fascia di capitano; la patita con il Cosenza della promozione, perché è stato un campionato incredibile. Il giorno di Como-Cittadella, con il gol al 95’ di Goldaniga e poi noi nello spogliatoio ad aspettare che a Catanzaro si battesse il rigore contro il Venezia... Mamma mia.

Una immagine toccante?

A Como-Inter, quando abbiamo celebrato l’addio di Iovine e io guardavo lo stadio con una luce diversa perché avevo intuito che potesse finire.

Come riassumeresti questa storia?

Io un segreto evidente l’ho capito: al di là delle persone, di chi si avvicendato nei vari ruoli, io credo che la carta decisiva sia l’impronta che la società ha dato al gruppo di lavoro. Si percepisce una tale serietà, un tale concetto di famiglia, che tutti quelli che arrivano si allineano immediatamente e si crea sempre un legame speciale. Credo che sia il segreto di questa squadra. Tutti uniti dalla stessa parte, credo che non troverete nessun giocatore del Como di questi cinque anni che dica una parola contro la società.

Poi con Fabregas.

Un perfezionista. Allenamenti pazzeschi. Credo che il Como sia destinato a fare grandi cose.

Avete avuto paura che andasse all’Inter?

Mah, eravamo in vacanza ognuno ha seguito la cosa singolarmente. Io ho sempre pensato che lui ha sposato davvero il progetto Como nel suo cuore e non mi sorprende che sia rimasto.

Tanti colleghi forti, da cui avrai anche imparato molto.

Con tutti ho avuto ottimi rapporti. Ognuno speciale. Facchin per la gestione gara e la personalità; Gori per l’esplosività; Ghidotti per l’occupazione dello spazio; Vigorito per come ti faceva ragionare sulle cose; Reina per come sapeva essere punto di riferimento nello spogliatoio, come avere un fratello maggiore che risolve sempre i problemi; Butez per la sua completezza in tutte le fasi. Ho imparato molto.

Adesso devi mettere in pratica il tuo bagaglio da qualche parte.

Non è facile. Dopo cinque anni che non giochi, non puoi aspettarti che una squadra ti dia subito le chiavi della porta. Ma ho voglia di mettermi in gioco, ho fatto un master mica da ridere.

Ti rivedremo a Como?

E come no? Mi sento uno di voi.

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