C’è Nicoletti a Como. Un giorno da leggenda con la sorpresa finale

In città inviato dalla società azzurra ha incontrato la famiglia che lo ospitava 45 anni fa. «A casa nostra tra pazzie, i tiri in salotto e le risate»

Marco Nicoletti è stato una delle figure più significative della storia del Como. Il centravanti del Grande Salto dalla C alla A del 1978-80, sette anni in azzurro dal 1977 al 1983. Se ne è accorta anche la società, che lo ha invitato a Como per inserirlo nelle sue Legends: due ore di passeggiata in centro città sotto le telecamere di Mola Tv, a raccontare i suoi gol. Se chi lo ha invitato, si è basato sulle statistiche, ne ha tratto sicuramente il suo spessore calcistico. Ma per sapere che Marco è stato anche il più pazzo, divertente, bizzarro giocatore del Como, bisogna averlo frequentato.

E a proposito: dopo l’intervista, Marco ieri era atteso da un appuntamento particolare. Quello con la famiglia che lo ospitò a lungo nei suoi anni comaschi. Sì, perché Nicoletti abitò a Como dai 5 ai 12 anni, prima di fare il calciatore, seguendo il padre che lavorava in banca. Poi si trasferì a Udine. Quando, a 17 anni, il Como lo prese, dovette tornare qui da solo. E così i suoi genitori lo affidarono alla famiglia Bellotti, i loro vicini di casa degli anni comaschi. Carramba che sorpresa: l’incontro ieri al “Tira Mola Messeda”, zona caserme. Marco ha riabbracciato i tre fratelli, più o meno suoi coetanei, con cui si frequentava in quegli anni: Mirka, Rossana e Luca. «Presto andai a dormire da un’altra parte, certo: ma non smettevo di frequentare quella casa, a pranzo o il pomeriggio per le partite a carte. Era davvero la mia seconda famiglia».

Per fare un ripasso delle sue follie, basta interrogare i tre fratelli. Che ridono di gusto come allora: «Era completamente pazzo. Quando venne convocato con l’Under 21, si presentò all’allenamento con la divisa della Nazionale e l’allenatore (Marchioro, ndr) si arrabbiò moltissimo. Poi regalò la divisa a noi, dicendo che ne avrebbe avute altre...». «Ma non mi chiamarono più...», ride con la solita verve da comico Marco.

Mirka mostra il naso: «Vedi qui? Me lo ha rotto con un tiro, in casa. Ci metteva in porta e poi sparava a mille il pallone». Rossana scuote la testa: «Facevamo i Ricchi e Poveri in cameretta. Ma poi, a un certo punto doveva scappare. Invitava da noi i suoi compagni, De Gradi, Todesco, Mossini, Vierchowod, ma poi lui spariva perché aveva qualche appuntamento galante». E Mirka: «Mi accompagnava a pattinaggio, ma mi faceva scendere prima dalla macchina se arrivava una ragazza con cui doveva uscire». Marchioro si lamentava perché arrivava all’allenamento che puzzava di fritto. Colpa vostra? «Eh beh... sì. Mamma aveva la cucina un po’ pesante...».

Una volta entrò sul campo di allenamento con l’auto: «Ne faceva di tutti i colori. Una volta tolse le chiavi dal cruscotto prima di fermarsi, entrò il bloccasterzo e finì contro il muro...». Marco ricorda i suoi esordi: «Rambone mi prese a calci nel sedere perché avevo fatto il fenomeno in allenamento. Mi disse che dovevo avere rispetto dei più vecchi. Ma 15 giorni dopo mi fece debuttare, e tre partite dopo segnai il primo gol all’Ascoli». A tavola, oltre che alla compagna di Nicoletti che lo ha seguito (hanno una gelateria a Piacenza), anche un ex compagno della Primavera del Como, venuto apposta da Siena. Ma i tre fratelli preferivano parlare di altro: «Una volta si mise a cacciare i topi in cantina».

Nicoletti per una volta ha fatto lo spettatore, ridendo di gusto a tutti quei ricordi. Poi sono arrivati anche Cavagnetto e Todesco, e avanti con gli amarcord. Chiusi con la solita battuta alla Nicoletti: «Ma se vi dico che sono ancora così, faccio bella o brutta figura?». Impareggiabile Nico.

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