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Sabato 13 Settembre 2025
«Como, arrivi in alto, ma le parole di Cesc hanno fatto male»
L’ex portiere Braglia: «Non è vero che mancano talenti italiani. Basta dare tempo e occasioni»
Como-Genoa e subito si pensa a Simone Braglia, il portierone cresciuto nel settore giovanile lariano, che in difesa del Grifone ha raggiunto l’apice della sua carriera, approdando fino alle semifinali di Coppa Uefa nella stagione 1991-92 dopo una clamorosa prestazione in quel di Anfield contro il Liverpool, prima di chiudere la carriera tra i professionisti proprio nel Como, da dove era partito.
In vista della sfida di lunedì sera, lo abbiamo incontrato per capire dove potranno arrivare le “sue” due squadre quest’anno…
Braglia, Como e Genoa. Cosa dire sulle prime uscite?
Mi sembra che il Como abbia un’identità molto più marcata, l’impressione è che sappia essere più squadra. Bisogna comunque dar tempo al Genoa, che ha cambiato tanto, di trovare quell’equilibrio che il Como ha già. Ai rossoblù sicuramente manca una punta: poteva essere Pinamonti. Il Como è più strutturato in tutti i reparti e ha una squadra dove qualsiasi ricambio dalla panchina può garantire la stessa resa dei titolari.
E lunedì che partita si aspetta?
Penso che il Como detterà i tempi e comanderà le fasi del gioco. Il Genoa proverà a far male ripartendo. Mi aspetto una bella partita e spero che ci si possa divertire.
Sarà Fabregas contro Vieira…
Si… due allenatori emergenti che sicuramente avranno un futuro roseo. Qualitativamente Viera ha una rosa inferiore, ovviamente, per poter mettere in pratica le sue idee. Lo scorso anno dissi che aveva ereditato molto del lavoro di Gilardino, ma ora ha dimostrato una validità tecnica e tattica che può durare nel tempo e lascia ben sperare per la sua carriera. Sia lui che Fabregas conoscono il calcio, hanno personalità e sanno quello che vogliono. Soprattutto entrambi hanno la fortuna di ottenere tanto di quello che chiedono alle proprietà.
Cesc come le sembra a livello comunicativo?
È un tecnico preparato, lo spessore si nota. Ma, devo dirlo, mi ha fatto male quello che ha detto sui giovani italiani….
Perché?
Perché ha detto una cosa non vera. Il territorio ha sempre sfornato fior di campioni: Tardelli, Matteoli, Vierchowod, Invernizzi, Galia, Borgonovo… potrei andare avanti. Peraltro il settore giovanile del Como sta andando bene sotto la gestione di Giancarlo Centi. Sta facendo un lavoro egregio ed era il braccio destro di un Re mida come Mino Favini. Insomma, da comasco sentire quelle parole non mi ha fatto piacere.
Allora perché non hanno puntato sui giovani italiani?
Perché occorre più tempo, ma se non si inizia mai questo percorso non potremo arrivare al livello di Spagna o Germania. Il Como ha tutte le strutture per far nascere nuove stelle italiane. Fabregas ha fretta e vuole ottenere subito grandi risultati? Benissimo, ma non dica che non ci sono giovani italiani validi. Resto ancora legato all’idea che le proprietà dovrebbero avere il coraggio di investire di più sul territorio.
Una sfida difficile…
Non dico che sia facile, ma bisogna iniziare. La serie A ormai è un campionato di transizione per i giocatori stranieri. Ci sono pochi posti per arrivare in alto, la concorrenza è spietata. Ricordo quando dall’autostrada, passando per Monte Olimpino, guardavo dall’alto il Sinigaglia: sognavo di giocare lì e sapevo di potercela fare grazie a tanti sacrifici. Oggi non bastano nemmeno quelli. Un giovane ha la possibilità di giocare per la squadra della sua città? Di dimostrare alla città dove è nato che lui può fare qualcosa? Ormai ci sono stranieri anche nelle primavere, un tempo era impensabile. L’azienda calcio non ti permette più di arrivare a certi livelli. Guarda Gabrielloni… è stato uno dei calciatori fondamentali per portare il Como in serie A, è stato un uomo spogliatoio, un trasmettitore di valori vivente. Ma adesso che non serve più è stato mandato via…
Della sua cessione e di quella di Cutrone che ne pensa?
Sono sicuro, avendo vissuto tanto gli spogliatoi, che se avessero avuto la possibilità di giocare sarebbero rimasti. Quello che è stato detto non è la realtà di quello che è successo. Se potevano essere utili a livello tecnico? Bisogna chiederlo a Cesc. Il campo dirà se gli eventuali sostituti saranno all’altezza. Sicuramente, però, la mancanza di affettività incide, lascia l’amaro in bocca soprattutto nei tifosi. Il bello del calcio è anche potersi legare a questi personaggi che hanno contribuito a quello che stiamo vedendo adesso. L’attaccamento alle origini ha un peso, tant’è che Nico Paz vuole tornare al Real, perché nulla è più appagante di dare un contributo per la propria gente.
A proposito di italiani, ha visto Gattuso e Baldini?
Certo. Sono personaggi sanguigni, umili, con passione. Tra i pochi che tengono alla loro professionalità ancora legata all’ambiente calcio di un tempo. Le scelte della Lega indicano l’importanza dell’attaccamento alla Nazionale che ci dovrebbe essere sempre, ma sappiamo che purtroppo sta scemando.
Li ha sentiti?
Non ancora, ma li sentirò. Ora è giusto che lavorino in pace. Hanno due missioni importanti, soprattutto Rino. Nell’under 21 è più semplice, ci sono giovani validi e sono sicuro che Baldini farà un grande lavoro.
Questo Como può veramente andare in Europa? In quale aspetto deve crescere?
Secondo me ci arriva. Non vedo nel campionato squadre organizzate come il Como. Possono succedere tante cose, ma è oggettivamente migliorabile la classifica dell’anno scorso. Sono diverse le individualità che porteranno fortuna alle casse del club. Non solo Paz e Diao, ma anche Caqueret è un giocatore invidiabile. Ma posso dire una cosa?
Dica.
Per esperienza, non sono tanto convinto di Butez. Per arrivare a un obiettivo importante secondo me serve una sicurezza diversa in porta. Mi auguro di sbagliare, ovviamente.
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