Duecento Gabrielloni: «Gioie, dolori e sogni. Che bello essere qui»

L’attaccante del Como e il traguardo nelle presenze: «Mi vorrei tanto regalare la serie A»

Alessandro Gabrielloni ha tagliato il traguardo delle 200 presenze nel Como. Affiancando Ardito al decimo posto di tutti i tempi nella storia azzurra.

Gabri, 200 volte Como.

Che bello. Quando sono arrivato non avrei immaginato di scrivere questa storia. Adesso mi sento parte di una comunità, è una sensazione bellissima. Nel mio piccolo, sono nella storia di questo club.

Ti ricordi la prima partita?

E come no? Ero arrivato il 3 gennaio 2018 e tre giorni dopo sono stato mandato in campo a Como-Caronnese. Entrato al 5’ del secondo tempo al posto di Gobbi, e sostituito al 48’ da Cicconi.

Cosa ti sei detto?

Oddio, dove sono capitato?

Ci hai messo tre partite a segnare...

Sì, alla quarta a Chieri una doppietta.

Avevi detto che non avevi mai vinto un campionato. Qui ne hai vinti due.

E’ il motivo delle mie lacrime alla fine di Folgore Caratese-Como, lo 0-0 che non ci permise di andare in C. Ero disperato, avevo fatto altre volte secondo, sembrava una maledizione.

C’è chi disse: il Como ha fatto apposta a non salire...

Ma non scherziamo dai... Chi rinuncia a una promozione? La società l’anno dopo dimostrò che ci voleva andare.

La partita che ti ha dato più gioia?

Como-Alessandria della promozione in B con mia doppietta. Ho avuto la sensazione di scrivere sui libri di storia.

A giudicare dalle esultanze con cui hai festeggiato certi gol in B, si direbbe che sono stati quelli a renderti più felice.

Non è la stessa cosa. Lì era per gli alti e bassi che caratterizzano il mio rendimento. Quando comincio a non buttarla dentro mi sale l’ansia, e quando faccio gol esplodo.

La partita che rigiocheresti?

Lecco-Como 4-0. Mamma mia, abbiamo giocato proprio male. Io un disastro. E una partita così importante. Quella vorrei rigiocarla.

Il gol sbagliato che ti ha fatto andare in bestia?

Ah, tanti... Tutti quelli di testa, ad esempio, Quest’anno contro Catanzaro e Brescia. Non so perché, ma quando sbaglio un gol di testa mi sale un nervoso... Come se dessi per scontato buttarla dentro,lì da due passi.

La partita dove sei stato veramente soddisfatto di te stesso?

Quando sono entrato contro il Palermo e a Reggio Emilia. Mi sono piaciuto.

Litigi?

Con gli avversari spesso, per via dell’adrenalina. Capita con i compagni in allenamento, anche quelli a cui voglio bene, come con Vignali o Cutrone.

Facciamo una carrellata dei tuoi allenatori qui. Corda?

Loreto mi aveva parlato dei suoi metodi. Una cosa impattante. Non è facile. Ma mi ha dato personalità.

Andreucci?

Ricordo il suo sostegno morale nei momenti bui.

Banchini?

La stima reciproca.

Gattuso?

Abbiamo scritto insieme una bella pagina. Umanamente piacevole. Certo, in B mi ha messo un po’ da parte, ma la concorrenza era forte.

Longo.

Abbiamo la stessa mentalità: grinta, determinazione. All’inizio non giocavo, poi ci siamo trovati.

Cesc?

Mentalità vincente. Voglia di essere padroni della situazione. La sua voglia di vincere la si vede nelle sconfitte: fa fatica a digerirle. Uno che ha cambiato il modo di essere della squadra come mentalità.

Roberts?

Mi colpisce la sua positività. Un piacere parlare con lui, alimenta il gruppo.

Cosa ti regali per le 200 presenze?

Il regalo perfetto sarebbe la serie A. Però non mi piace che si usi la parola sogno. Ormai per questa squadra è un obiettivo fattibile. Forse è un sogno per me, visto da dove sono partito.

Adesso c’è una serie decisiva.

L’obiettivo è, alla fine di questa serie, essere ancora lì a giocarcela come adesso. Allora...

Duecento presenze. E poi?

Spero che ne seguano tante altre.

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