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Lunedì 17 Novembre 2025
Il caso Borgonovo e quando Rivera perse la causa con San Siro
Il fatto Un caso simile riguardava una causa che era stata intentata dal campione del Milan per suoi cimeli esposti in sede museale
Como
«L’uso dell’immagine altrui pur senza consenso» è ammessa quando «è fatta a scopi, tra gli altri, culturali». Ma cosa si intende per “scopi culturali” nel caso in questione? Si intendono attività che non hanno scopo di lucro e che abbiano l’intento «di far rivivere ai tifosi la gloria dei c6ampioni del passato».
E’ racchiusa in queste righe parte delle motivazioni che hanno spinto i legali dei Pesi Massimi a dire no – almeno fino ad oggi – a quella che era stata la richiesta della moglie di Stefano Borgonovo, Chantal, che aveva intimato la cessazione dell’utilizzo del nome dell’attaccante del Como per il trofeo a lui intitolato e che prosegue da anni per eleggere il miglior giocatore di ogni stagione.
La vicenda è nota e nei giorni scorsi aveva destabilizzato la tifoseria dei blu, sorpresa da questa iniziativa della signora Borgonovo. Il gruppo dei Pesi Massimi aveva interessato alla questione anche gli avvocati Mattia Bianchi e Emanuela Iannucci, che altrettanto a sorpresa avevano rimandato al mittente la richiesta con una comunicazione successiva di qualche giorno a quella del legale della moglie di Borgonovo. Nel testo era citata una decisione della Cassazione, che è quella da cui è tratto il passaggio che abbiamo usato in apertura, sentenza che dunque è stata usata per ribadire la posizione del gruppo di tifosi del Como.
La vicenda trattata dai giudici romani, in effetti, per certi versi era simile e riguardava una causa che era stata intentata dal campione del Milan, Gianni Rivera, per suoi cimeli esposti in sede museale a San Siro contro il suo volere. In quel caso tra l’altro l’ingresso al museo prevedeva anche il pagamento di un biglietto da 7 euro. Eppure, la Suprema Corte di Cassazione Civile, con una decisione del 27 dicembre 2023, aveva dato torto al calciatore. Una esposizione – quella in questione – con lo scopo «puramente celebrativo, senza alcuna finalità di lucro» con anche i 7 euro considerati solo come un compenso per le spese dell’esposizione senza altre finalità.
Tutti i motivi di impugnazione erano stati respinti, ma leggendo le motivazioni il cuore della decisione pare essere proprio nella chiosa della Cassazione: «La norma – si legge – consente l’uso della immagine di un personaggio noto quando è fatta a scopi, tra gli altri, culturali... con l’intento di far rivivere ai tifosi la gloria dei campioni del passato. Se questo è lo scopo, allora esso rientra tra quelli culturali che la norma considera esimenti, ossia in vista dei quali consente l’uso della immagine altrui pur senza il consenso dell’interessato».
Il criterio di interpretazione usato dalla Suprema Corte, insomma, è di consentire «l’uso della immagine altrui, quando non ci sia scopo di lucro... e serve a dire che non si deve trarre guadagno dalla immagine altrui senza autorizzazione. In questo sta il riferimento allo scopo culturale».
Nel caso della mostra del Milan, poi, lo scopo era «quello di far rivivere ai tifosi i momenti del passato con finalità didattiche, posto che i più giovani non conoscono la maggior parte di quei campioni per diretta esperienza e dunque la mostra (in quel caso, ndr) serviva a farglieli conoscere indirettamente». Perché certi eventi possono servire anche solo, per usare le parole della Cassazione, a «fornire conoscenza di eventi o personaggi del passato».
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