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Mercoledì 03 Settembre 2025
L’ultima bandiera. Gabri e gli altri miti
Con Gabrielloni se ne va l’ultimo giocatore simbolo del Como. Ecco una carrellata di personaggi rimasti nel cuore della gente azzurra
CALCIO
La gente venerdì sera a S.Abbondio era stranita. Stranita e triste. Alessandro Gabrielloni si aggirava, per il classico appuntamento gastronomico gestito dai tifosi azzurri, in un clima misto tra una festa e un funerale. Straniante. Perché possono inventare, nel calcio moderno, tutti i pon pon, le luci, gli show che vogliono, ma c’è una parte di tifoseria (la maggioranza, per ora) che guarda ad altre cose. Sintonizzata su un’altra onda radio, su un’altra musica. Per fortuna. L’addio di una bandiera è sempre difficile da digerire. Ri-per fortuna. Anche se è uno che gioca poco, che magari è destinato alla panchina. La frase più bella sentita? «Questo ragazzo ha insegnato ai bambini che lottare per un obiettivo si può, partendo dal basso e credendo nei sogni». Perché i tifosi chiedono solo di sognare. E non lo fanno solo vincendo.
Simbolo
Gabrielloni era un simbolo, e il fatto che la società lo abbia lasciato andare via così (qualcuno dice: accompagnato alla porta) è una piccola ferita, un cruccio per chi vive il calcio in una certa maniera. «Quando abbiamo visto che Fabregas non gli ha fatto fare nemmeno un minuto a Barcellona, abbiamo capito», diceva la gente tra le bancarelle di S. Abbondio.
Gabrielloni ha rappresentato tutto quello che una tifoseria “pretende” da un suo giocatore. Una tifoseria, poi, che arriva da anni di D e di C, è più abituata ad innamorarsi delle storie più che delle vittorie. La tifoseria azzurra sta vivendo un momento di grande euforia, e bacia i piedi dove la società passa. Però, poi, ci sono cose che con le vittorie non c’entrano nulla. Gabrielloni è una bandiera che si ammaina. Forse l’ultima (almeno per un po’) in un Como che cambia giocatori alla velocità della luce. Lui e Cutrone erano due simboli legati al territorio. E questo conta, almeno sinché allo stadio ci saranno tifosi e non clienti. Voi pensate ad andare a giocare in Australia, per il business, la visibilità, i soldi, noi pensiamo a innamorarci dei Gabrielloni, è la sintesi. Ma quanti sono stati, nella storia del Como, i giocatori bandiera? Oppure quelli che, anche in una esperienza più breve, hanno saputo attirare un affetto speciale,figlio del sentimento di appartenenza? Tanti o pochi, tutto relativo. Ed è un elenco molto difficile. Un dibattito delicato, nel cuore dei tifosi azzurri. Ma si può fare. Rischiando, ma si può fare.
Elenco
Ardito, Gattuso, Melgrati, Correnti, Borgonovo, Meroni e Centi, Ballarini sono forse l’ottovolante al di sopra di ogni sospetto, il gotha che ha tutte le caratteristiche necessarie, per fedeltà e vittorie, a restare per sempre in bacheca, alcuni di loro finiti nei bandieroni della curva. Ma poi ci sono altri che si sono appiccicati nel cuore dei tifosi azzurri come un adesivo indelebile. Come Ferrigno, Galia, Fontolan, oppure come Scanziani, Vecchi e Pozzato. Ogni periodo ha i suoi eroi. Cecconi e Rocchi sono stati più di due centravanti, Nicoletti (anche lui su un bandierone) e Cavganetto più di una semplice coppia gol, Matteoli più di un semplice numero dieci. E poi Iovine, Tempestillli, Corneliusson, Todesco, Zambrotta e tanti altri. Sino ad arrivare a gente che magari sono con una stagione è riuscita a fare breccia, come Lulù Oliveira. Quello che è certo è che Alessandro Gabrielloni merita di stare in questa galleria. Probabilmente con Cutrone. Più di giocatori, dei simboli. Chissà quando ne ritroveremo uno.
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