Pastore:«Como, quest’anno sarà Europa. Ma Cesc deve crescere»

Finalmente si comincia. E come ogni buon inizio che si rispetti, è sempre interessante proporre analisi e previsioni sulla stagione che verrà, a maggior ragione dopo un mercato da oltre 100 milioni, un decimo posto da cui ripartire e le aspettative dei tifosi che già sognano palcoscenici importanti. Per capire dove potrà arrivare il Como, abbiamo incontrato Giuseppe Pastore, tra i più autorevoli giornalisti sportivi italiani, volto noto di “Cronache di Spogliatoio” e firma de “Il Foglio”.

Pastore, siamo ai nastri di partenza. Cosa si aspetta dal Como?

Sarà senza dubbio un’annata particolare, perché è oggettivo che il momento di difficoltà del nostro campionato abbia nei lariani un’eccezione. In società sono stati abili a fare mercato in anticipo e la rosa è più forte dell’anno scorso, cosa che non si può dire di molte squadre anche in alta classifica.

L’obiettivo?

Per me l’Europa. Il Como riparte da un girone di ritorno da 31 punti, che potevano essere anche di più per quello che abbiamo visto. È un discorso matematico: se mantiene questa media arriva a un punteggio da quarto o quinto posto. Vedremo come gestiranno la pressione della classifica, ma senza coppe e con la possibilità di fare un buon mercato anche a gennaio, cosa che non tutte possono permettersi, potrà arrivare lì.

Sull’extra campo, cosa la affascina? Nuovo stadio, curve gratis, vip in tribuna, che ne pensa?

Ci sono giorni in cui si discute della curva del Milan, poi di quella dell’Inter… sentiamo spesso situazioni di gelo tra società e tifo organizzato. Il Como si può permettere di proporre queste iniziative in modo furbo e intelligente, fidelizzando con i tifosi e scacciando l’idea che questo progetto sia solo un passatempo per miliardari che si divertono per poi abbandonare il giocattolo. Tutte le scelte vengono gestite con grande strategia in ogni aspetto. Non ero così ottimista lo scorso anno, ma il lavoro fatto negli ultimi sei mesi è innegabile, a partire dall’esser riusciti a trattenere l’allenatore e i pezzi più forti della rosa, cosa che non succede mai in una squadra di metà classifica.

Il mercato è stato importante. Tra i vari acquisti, quale può essere la sorpresa?

Molti non li conosco e proprio per questo sono curioso. Lo stesso Baturina l’ho visto con la Dinamo Zagabria ma è ancora tutto da scoprire a questo livello. L’anno scorso Nico Paz mi stregò subito all’esordio a Cagliari. Degli ultimi arrivati mi piace Kuhn, anche se nelle prime uscite è risultato un po’ acerbo.

E Morata?

L’anno scorso ha deluso molto al Milan, non tanto sotto un punto di vista tecnico ma di approccio alla grande squadra. Era arrivato con tante responsabilità e a lui si chiedeva di alzare il livello di professionalità all’interno dello spogliatoio, ma su questo ha proprio fallito. Si è incupito e ha colto la palla al balzo per andare in Turchia. Ora scende di un livello e con un allenatore che conosce bene può fare la differenza. Però lo valuto un giocatore complesso: indiscutibile sotto un punto di vista qualitativo, ma difficile da gestire in chiave motivazionale.

La scorsa stagione aveva un po’ ridimensionato la figura di Fabregas, alla luce delle sue dichiarazioni e del modo dominante di giocare che a un certo punto non stava portando risultati. Si è ricreduto?

I numeri sono quelli: il Como lo scorso anno ha perso più di 20 punti da situazione di vantaggio, molti dei quali anche per l’ingenuità del suo allenatore. Fabregas è abile a trasformare i suoi errori in nome dell’orgoglio di una filosofia di gioco che non deve essere condizionata dal risultato. La verità è che il prossimo step a cui è chiamato il Como è proprio quello di sporcarsi un po’ le mani quando si trova avanti nel punteggio. Non è un reato o un disonore, ma un processo di crescita. Cesc viene da una scuola precisa e definita, sembra un po’ che debba spiegare il calcio a chi non la pensa come lui. Ma questo passaggio è fondamentale per trasformare un decimo posto in un quarto o quinto.

In molti lo paragonano a grandi tecnici del passato, è d’accordo?

Il ruolo dell’allenatore è molto cambiato in questi anni, a maggior ragione nel caso di Fabregas che è un tecnico all’inglese, un manager. È la cosa più vicina che abbiamo in Italia dell’allenatore in stile Premier, e forse è lì che lui ambisce ad andare. Se lo immagino tra qualche anno, lo vedo proprio Inghilterra. È senza dubbio una figura insolita e deve capire quando fare il grande salto, perché spesso ci si è bruciati così giovani: penso a Xavi che al primo anno vince il titolo, poi fallisce al secondo e oggi è disoccupato. Per la Serie A non ha paragoni anche per la condizione di agiatezza in cui si trova.

Sul web la sua memoria storico-calcistica è ormai virale. Chiudiamo allora con il primo ricordo che le viene in mente legato al Como…

Sicuramente le figurine. Il Como anni 80’ e 90’ compariva molto presto negli album. Ricordo lo sponsor “Mita” che mi colpiva e questo senso di pace che mi trasmetteva la squadra, dato dalle maglie celesti. Memorabile anche l’anno della promozione in B con Tardelli allenatore. Ora sono contento di averlo ritrovato ai massimi livelli perché è un valore aggiunto per tutto il campionato, a maggio ragione con il suo ambiente pittoresco e lo stadio sul lago.

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