«Sì, il Como è speciale». Parola di Maggioni

Il conduttore della Domenica Sportiva: «Società, Fabregas, Paz, tutto molto interessante. Con questa proprietà Gigi Meroni sarebbe rimasto qui»

Paolo Maggioni è l’uomo nuovo della Domenica Sportiva. Quarantadue anni, di Milano, una lunga carriera in Rai, in diversi settori, ma mai prima nello sport, da quest’anno conduce la domenica sera la trasmissione sportiva più antica della nostra tv, assieme a Simona Rolandi, e gestendo la squadra composta da Adriano Panatta, Lele Adani, Stefano Sorrentino, Ciccio Graziani e Mauro Bergonzi.

Non avrà (quasi) mai fatto sport, ma (come scoprirete dall’intervista), la sua presenza alla guida della DS non è affatto casuale. Anzi, in qualche modo è un segno del destino. Una chiacchierata parlando anche (e soprattutto) del Como.

Maggioni, che ci fa alla Domenica Sportiva?

Me lo chiedo anche io (ride, ndr). Non me l’aspettavo, è stata una idea del direttore che mi ha sorpreso e mi ha esaltato. Il coronamento di un sogno. La trasmissione regina dello sport in tv che non ha perso il suo fascino e continua ad essere, pur rinnovandosi, il punto di riferimento degli sportivi in televisione.

Si è chiesto perché lei?

A Radio Popolare avevo cominciato con una trasmissione chiamata “L’insostenibile leggerezza dell’Effenberg” (centrocampista tedesco, ndr), trasmissione di cultura sportiva. In passato mi è capitato di fare cose legare allo sport, di cui sono un grande appassionato, e l’ho sempre fatto prediligendo le storie da raccontare. Quell’approccio poteva essere un taglio utile per una trasmissione di analisi e commenti della domenica sera, quando la gente ormai, a livello di cronaca, ha visto tutto. E poi…

Poi?

Poi ho fatto la mia tesi su Beppe Viola, il grande giornalista e anche narratore della Domenica Sportiva. Mi ha sempre attratto quel modo di raccontare le cose. Unire la malinconia all’ironia. Quella Milano, sua, di Jannacci, dei suoi eredi come Terruzzi mi ha sempre affascinato.

Un servizio di Beppe Viola indelebile.

Beh, quello del derbycidio del 1977. Di cui si occupò la mia tesi. Un derby talmente brutto che Viola decise, in un servizio mandato in onda nella debuttante tv a colori, di mostrare solo l’ingresso in campo e poi usare le immagini di un altro derby, del 1963, ma spettacolare, immagini in bianco e nero, ricco di azioni e emozioni come risarcimento per chi era andato allo stadio. Genio. Un contropiede. Immagino i telespettatori a picchiare sulla tv con la mano per vedere di recuperare il colore… Sono tra quelli che si sono battuti per dedicare una sala della Rai a Viola.

Oggi com’è la DS?

Rinnovata, a sempre iconica. C’è un bel gruppo. Panatta ti arricchisce, Adani ti apre la mente dal punto di vista tecnico, Ciccio Graziani con la sua ironia lega le storie al passato, Sorrentino è un garbato commentatore e Bergonzi è ormai un personaggio tv per la sua maniera diretta di giudicare le azioni. Ci siamo inventati i back stage, la passeggiata di ingresso in studio e le immagini in redazione per avvicinare lo spettatore al nostro lavoro, a farlo sentire parte della squadra.

I servizi delle partite sono meno romanzati di un tempo.

Mah, le cose sono cambiate. Intanto lavoriamo con immagini standardizzate per cui è più difficile lavorare sul contorno, e i tempi sono sempre stringati. Dedichiamo molto al nostro tavolo per un dibattito profondo, attento ai temi della giornata.

Maggioni e Como: rapporto non banale.

Nel 2016 venni a Como a seguire le giornate dei migranti che cercavano di andare in Svizzera e si erano accampati nei giardini della stagione. Quei giorni mi diedero lo spunto per il mio primo noir, “La Calda estate del Commissario Casablanca”, ambientato proprio a Como, la storia di un migrante che muore sul tetto del treno mentre cerca di attraversare il confine.

E non solo.

Nel 2017 ho passato una giornata sulle tracce di Gigi Meroni, all’Oratorio di San Bartolomeo, e nei suoi luoghi per un servizio sui 50 anni dalla sua scomparsa.

A proposito del Como. Che si dice al tavolo della Domenica Sportiva?

Beh, posso dire che ne siamo tutti molto colpiti.

Nello specifico?

Intanto c’è l’aspetto societario che, almeno dall’esterno, sembra integrato nel tessuto cittadino. Una società che si muove con circospezione, chiede permesso, cerca di interpretare il sentimento dei tifosi ma anche dei cittadini. Non so, trapela un progetto armonico, convincente, diverso da tanti altri. E poi c’è il progetto tecnico.

Speciale.

La cosa più affascinante è quella di creare uno stile riconoscibile, che per una provinciale non è banale. Si vedono tante culture insieme. L’intensità italiana (perché al netto dei talenti, non è una squadra che si specchia nelle sue bellezze), la cultura sugli esterni molto verticale, il possesso palla spagnolo. Il tutto guidato da un tecnico che, a sua volta, mostra di aver immagazzinato culturalmente le sue esperienze diverse. Fabregas sembra un pozzo di cultura, e lo trasmette anche nel calcio che fa. Come diceva Mourinho: se sai solo di calcio, non sai nulla di calcio. La mente aperta è fondamentale.

Avete in mente di averlo ospite alla DS?

Ci piacerebbe molto. Un personaggio molto interessante anche come oratore. E poi c’è Nico Paz.

Fenomeno.

Mi sono innamorato di lui nell’azione del gol alla Juve. Tocchi ripetuti con il piede sinistro, come i giocatori antichi. Uno spettacolo. Ecco, aver trattenuto lui e aver trattenuto Fabregas sono stati due gesti non banali che hanno dato spessore al progetto. Lasciatemi dire che con questa società, ovviamente, Gigi Meroni avrebbe giocato più a lungo nella squadra della sua città. Mi piace pensare così.

© RIPRODUZIONE RISERVATA