Tardelli e Como (Juve): «La musica di Correnti e un urlo di prova»

L’intervista Ha sicuramente il cuore diviso a metà: a Como è stato lancoato da giocatore e da allenatore. Alla Juve è diventato immenso

Como

Domenica c’è Como-Juve. La partita di Marco Tardelli. Che ha sicuramente il cuore diviso a metà. Il Como è la squadra dove ha vissuto due incredibili debutti, uno da giocatore nel 1974-75, con una promozione in serie A; e poi, 19 anni dopo, un debutto da allenatore con una promozione in serie B nel 1993-94. Per certi versi anche più importante della prima, visto che fu il protagonista assoluto di quella cavalcata al debutto in panchina. In più Como è stata la sua città, visto che ci ha vissuto una ventina d’anni dopo la carriera e dove ancora oggi ha una bella casa sul lago. Como è il posto dove ha fatto le prove dell’urlo, in quella corsa dopo l’assist a Cappellini in Como-Verona e anche le prove tattiche da terzino e da mediano sotto la guida di Marchioro . La Juve è la squadra della sua carriera, dove è diventato uno dei centrocampisti più forti del calcio italiano, dove ha vinto scudetti e coppe. Normale che l’intervista di “Io e il Como”, giunta alla sesta puntata, sia dedicata a lui.

Come arrivò a Como?

Fu la coppia Beltrami-Marchioro a volermi, il direttore sportivo e l’allenatore di quel Como del 1974 che poi sarebbe andato in serie A.

Impatto?

Non bello. Ero un ragazzino timido, molto magro, spaventato dal fatto che sarei stato lontano da casa per la prima volta. L’impatto fu davvero difficile, lo riconosco.

Difficoltà che si portò anche in campo?

Giocai subito, ma fuori dal campo ero triste. Ricordo che Marchioro e Beltrami allora mi concessero di tornare a casa la sera della partita, per tornare a Castelnuovo Garfagnana dove c’era la mia famiglia. Non era una cosa normale, ma mi mettevano sul treno convinti che respirando aria di casa sarei stato meglio. Ma non era solo quello.

Cosa c’era in più?

Abitavamo con qualche compagno in un appartamento di via Masia, ma io non mi trovavo bene. Non per loro, ma perché dormivo male, anzi quasi non dormivo affatto. La promiscuità era un problema.

Il fatto di non dormire, quella caratteristica che poi le affibbiò il soprannome di Coyote ai Mondiali dell’82...

Già, me la sono portata dietro...

Dunque cosa successe?

Che la società mi spostò a vivere con Correnti, da soli io e lui, in una casa sulla salita che andava verso Garzola. E lì mi sbloccai.

Come?

Correnti fu un come un papà, per me. Indirizzò le mie frenesie e le mie titubanze giovanili. Mi sbloccai anche in campo. E mi caricai con la sua musica.

Musica?

Ma sì, la musica. Lui aveva, e credo abbia anche adesso, una discoteca a Brescia. La stessa dove, corsi e ricorsi, ci invitò a festeggiare la promozione in B quando io ero allenatore nel 1994. E aveva dei nastri in casa pazzeschi. Mi rilassavo così, nel giorno di riposo. Ascoltavo quella musica che mi faceva stare bene. Gli diedi subito del lei e lui mi rimproverò: “Ma sei matto? Non farlo più...”.

Tardelli terzino.

Debuttai con il 2. Potevo giocare a destra o a sinistra. Poi quando arrivò Boldini sulla sinistra, io presi il 4 e giocai mediano. Ma più spesso fluidificante con compiti di marcatura. Per esempio nella partita Como-Verona del 1975, quella decisiva per la promozione, ultima giornata tra le due pretendenti, io, pur essendo protagonista anche in avanti, dovevo marcare Zigoni,l’attaccante che arrivava dalla Juve. Non so se mi spiego.

Grandi polmoni.

Eh, ero giovane...

Campionato della promozione.

Partimmo male. Eravamo ultimi dopo cinque giornate, con una sola rete fatta, tre sconfitte e due pareggi. Poi ci fu il mercato di novembre, arrivarono Garbarini e Cappellini, e tutto si sistemò. E partì una grande rimonta.

Come giocava quel Como?

Marchioro era un innovatore, ma adesso non chiedetemi di riassumerlo in uno schema con i numeri. Lasciateli perdere i numeri. Non spiegano nulla. Ulivieri e Cappellini punte, Pozzato centrocampista avanzato come Scanziani. Io e Lombardi in mezzo, Garbarini libero, Melgrati e Boldini sulle fasce Fontolan marcatore, ma non giocò da subito. Entrò dopo, avrebbe dovuto giocare Zana.

Fino a Como-Verona.

All’andata tra l’altro feci gol nell’1-3 con cui vincemmo. Forse il gol più bello della mia carriera. Correnti mi lanciò sulla fascia con un lancio millimetrico e io, al volo, insaccai all’incrocio del secondo palo.

Ma quella del 22 giugno fu “la partita”.

Come detto io marcavo Zigoni, portava la catenina e quando andò in panchina a consegnarla, lo seguii anche lì. “Ma cosa fai, mi segui anche in panchina?”. Mi disse. Ma io non mi fidavo. In quella partita poi c’è stato l’assist a Cappellini per il 2-0.

E la corsa a esultare come se il gol lo avesse fatto lei. Poi si disse, le prove dell’urlo Mundial.

Mah, io esultavo sempre così. Ero euforico al gol.

Va beh, comunque indimenticabile.

E come no? Mi ricordo lo stadio pieno, le bandiere azzurre e soprattutto il velodromo che aveva un fascino molto particolare. Quello stadio era bellissimo.

Ci tornò da avversario, appena andato via da Como, seconda giornata del campionato successivo, Como-Juve 2-2, lei appena arrivato in bianconero.

Quella partita non la giocai. Ero in panchina. La Juve mi prese e mi fece giocare prima da terzino, proprio per via di quello che avevo fatto a Como. Però mi ricordo la nostalgia che provai, l’emozione nell’entrare ancora in quello stadio dove tre mesi prima avevo partecipato a quell’impresa. Mi ricordo che gli ex del Como mi accolsero bene, quasi mi spronavano. Correnti, ad esempio.

Che decise quella partita con la famosa bestemmia per via della quale l’arbitro assegnò una punizione alla Juve da cui arrivò il 2-2...

Mi ricordo bene ma non sentii nulla, dalla panchina.

Lei non ha mai segnato al Como...

Direi di no. Non è che segnassi spesso, ma forse, chissà, magari ho sempre evitato di segnare (ride, ndr)... Ero davvero affezionato a quella squadra e a quel luogo, dove poi mi sono fermato ad abitare tanti anni dopo la fine della carriera.

Poi, il secondo capitolo. Nel 1993, quasi vent’anni dopo, arrivò a Como come allenatore.

Mi chiamarono ancora Beltrami e Beretta. Io allenavo le giovanili dell’Italia, fu il mio debutto da allenatore in un campionato.

Una operazione stile Fabregas, nei contorni: un centrocampista dalla grande carriera e dalla grande personalità.

Mah, non so. Difficile fare paragoni.

Comunque andò bene.

Bene e male. Una bellissima promozione e una brutta retrocessione. Forse non eravamo pronti per quella B.

Sì, ma resta nella memoria la promozione. Con i monelli di Tardelli.

Fu bello, una bella cavalcata, anche a sorpresa. Con alcuni dei ragazzi di quella squadra mi sento ancora, tipo Catelli. Mi ha mandato proprio di recente una fotografia mia in compagnia di Scirea e ha scritto un messaggio davvero molto carino.

Una bella stagione.

Quei ragazzi tirarono fuori il meglio partita dopo partita.

Dunque ancora Verona nel suo destino: la finale con la Spal al Bentegodi.

Vero. Curioso.

Gattuso, quando ha allenato il Como, ha detto che ricordava gli insegnamenti di quello spogliatoio, il magnetismo di Tardelli allenatore.

Gattuso era uno silenzioso, ma molto determinato. Anche per questo non ebbi difficoltà a dargli la fascia di capitano.

Como per lei è stata...

Casa. Como mi ha sempre accolto bene, mi sentivo in confidenza. Certo, ho avuto qualche problema con i tifosi, ma è colpa del fatto che sono toscano, e non le mando a dire. Ma alla fine tutto bene, dai...

Ha anche un amico: Claudio Gentile.

Ho tanti amici a Como, uno è lui. Anche se ci si sente di meno non cambia nulla. Siamo stati testimoni di nozze l’uno dell’altro.

E lo ha sostituito nelle marcature di Zico e Maradona ai Mondiale del’82.

In effetti io marcavo spesso giocatori bravi, sia in Nazionale che nella Juve. Ho marcato i più forti. Ma in quelle due partite toccò a lui. E sappiamo come è andata.

Domenica c’è Como-Juve.

Certo, la mia partita, non c’è dubbio.

Cosa pensa del Como?

Vedo una società che ha le idee chiare e che lavora bene.

Fabregas le piace?

Mi piace molto il fatto che parla sempre dei suoi giocatori mai degli avversari. Guarda in casa sua, non fa polemiche, uno pacato, concentrato. Un bel personaggio.

Come giudica la trasferta in Australia?

Non mi piace. Dicono che sarà una tantum, ma c’è il pericolo che posa diventare un trend. Il calcio è molto cambiato.

Per finire, scusi: ma... La famosa frase “Ti e il to Tardelli, andate a dar via ’l cu”, chi la pronunciò?

(ride di gusto, ndr) Eh, credo che fosse una frase scherzosa di Marchioro a Beltrami, che si preoccupava sempre di come stavo, visto che aveva speso 120 milioni per farmi arrivare al Como...

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