Tsunami Fabregas: ha dato mentalità vincente

Il tecnico catalano è uno dei segreti del Como vincente e competitivo

Qualcuno, nel commentare la partita di sabato, ha usato un termine centrato: tsunami. Tsunami azzurro. E come uno tsunami, il Como ha montato la sua potenza distruttiva quasi silente, un ruggito dal fondo, come nascosto, per poi “montare” nel secondo tempo con una capacità devastante. La giornata di sabato è stata in qualche maniera storica per molte ragioni, dal peso del successo, all’entusiasmo dei tifosi (c’era chi avrebbe voluto andare ad accogliere la squadra all’aeroporto), alla prestazione tecnica sul campo. Quelle giornate in cui ti sembra che la storia sia cambiata.

Sicurezza

Prima però di occuparci, anche nei prossimi giorni, degli altri aspetti, quello che ha colpito sabato è stata l’autorità con cui il Como nel secondo tempo ha ribaltato la partita. La mentalità con cui è sceso in campo nei secondi 45 minuti, la sicurezza con cui ha messo “là” il Catanzaro, la sensazione, alla prima palla giocata, che sarebbe stata tutta un’altra storia. Non un successo figlio di condizioni particolari, di un vento favorevole, ma di un preciso atteggiamento. Ed è questo, quello di cui vogliamo parlare, prima di ogni altro aspetto. Perché non è un fatto casuale. E la matrice si chiama Cesc Fabregas. Non importa se si stia parlando di un tecnico, di un vice (attualmente lo è di Roberts, in attesa del patentino: pare lo stia facendo in Inghilterra), di un consulente. L’importante è il cambio di mentalità che ha dato il campione spagnolo al Como. E non solo alla squadra, ma a tutto l’ambiente. Da quando ha messo piede qui. L’idea che Como potesse essere per lui solo il piacere di un’ultima spiaggia agonistica, è durata sino a quando ha appeso gli scarpini al chiodo. Poi, da quando si è messo il berretto all’americana da coach, è cambiato tutto, sin dal giorno che lo fece per gioco nella tournee in Usa. Quando hai a che fare con gente del genere, non importa di che sport tu stia parlando, c’è un surplus di motivazione, di attenzione al particolare, di ossessione per il risultato che viene trasferito a chi ti sta intorno. Il video in cui urla ai ragazzi della Primavera, anche se non bello sotto certi aspetti, dà l’idea dell’attenzione al particolare che quest’uomo dà.

Paragone

C’è un paragone facile facile: quello con Zlatan Ibrahimovic nel Milan. Anche non giocando, anche non avendo più un ruolo tecnico, tutti in casa rossonera sono pronti a testimoniare che la sua presenza riesce ad essere una spinta. Avreste dovuto vedere Cesc Fabregas, seduto in macchina, nella sua auto, fermo al semaforo di fronte al Cube, dopo la sconfitta in casa con l’Ascoli: sembrava in trance, con lo sguardo perso nel vuoto. Per sportivi di questo spessore, la sconfitta è una dannazione. Tutto il resto, in questo Como, viene dopo, ma viene da lì. Il pressing alto a tratti clamoroso visto a Catanzaro, più che frutto di una scelta tattica, è frutto di una convinzione che Cesc ha saputo dare al gruppo: la convinzione nel credere in se stessi. Per questo ora la squadra va a caccia con la baionetta e il coltello tra i denti. E il clima è indiscutibilmente di un gruppo che è felice di essere lì, perché sente che può imparare qualcosa.

La formula tutto attacco, una scommessa vinta in un calcio italiano dove è sempre pericoloso attuarla, arriva da quella convinzione, da quella rabbia ossessiva, da quella ricerca del risultato a tutti costi. Fabregas partirà presto per lidi prestigiosi. Ma come ha detto Suwarso: «Qui ha indicato una strada nuova». E su quella si andrà avanti. Forse in A subito.

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