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Venerdì 12 Dicembre 2025
Ottantanni da Giaguaro (Castellini)
Auguri Il portiere eroe dello scudetto del Toro del 1976, quello del tremendismo granata, il compagno di squadra del primo Maradona
Como
Auguri, Giaguaro. Luciano Castellini oggi compie 80 anni. Il portiere eroe dello scudetto del Toro del 1976, quello del tremendismo granata, il compagno di squadra del primo Maradona azzurro, il coach di Zenga, Pagliuca, Toldo, lo scopritore di Julio Caesar. Eccolo qui, nella sua Menaggio, due passi insieme a lui, in una luminosa mattinata, a brindare al suo compleanno. Anche se a lui, i brindisi non sono mai piaciuti. «Sono un orso, lo sono sempre stato. Anche se adesso mi sono sciolto un po’. Ma se devo andare a sciare, ci vado il lunedì. E le feste non mi sono mai piaciute. La ressa va di qua, io vado di là...»
Ok, ma domani (oggi, ndr) un po’ di festa la farà.
Poca roba. Pranzo con la famiglia, i nipoti. Due gemelli di mio figlio Andrea. Giocano a calcio qui a Menaggio. Bravini.
Perché Giaguaro?
Perché ero rapido ed esplosivo. Il soprannome me lo diede Gianni Brera in una cena a Lezzeno, al Crotto del Misto. C’erano lui e Beppe Viola, due geni. Entrai io e parlammo. Giaguaro nacque lì. Quando il giornalismo era racconto, guizzo, romanzo. Adesso giudizi sparati, e via.
La prima squadra.
Mitica. Avevamo una squadretta a Menaggio, nata spontaneamente. Giocavamo su un campo di patate. Però andavamo a sfidare la Libertas a Como per il titolo provinciale. Beh, andavamo a Como in bicicletta, giocavamo e tornavamo, sempre pedalando. Altro che pullmini.
Il Toro.
Una favola. Quella squadra, segnata da tragedie che conosciamo bene, ha un aurea di mito reale. Vincere lì è diverso. E ce ne rendiamo conto di più adesso. Quando sei giovane sembra tutto scontato. Ma al passare degli anni ti rendi conto di quel che hai fatto. Abbiamo una chat con gli ex compagni, ogni tanto andiamo nelle Langhe a mangiare il tartufo: io, Pecci, Salvadori, Claudio Sala, Zaccarelli siamo i più assidui. Gli altri, tra problemini, distanze e impedimenti, sono più saltuari. Ma è bellissimo, vengono anche le mogli. Adesso non so nemmeno se si conoscono, le mogli dei giocatori.
Portiere senza guanti.
Già. Oggi sembra impossibile. Li mettevo di lana se pioveva. Ma ero un sperimentatore.. Prima provai con i guanti da cucina, poi ritagliai la pelle di daino, quella che si usa per lavare le macchine, applicandola sui guanti. Poi il materiale delle solette delle scarpe, che facevano attrito. Sinché Sepp Maier mi mostrò i primi guanti della Reusch. Ne comprai 40 paia. E tre le regalai a Zoff. Al derby tutti e due Reusch, ma mica per calcolo o sponsor. Un regalo.
Il suo rivale Zoff. I Coppi e Bartali della porta, nel derby che dominava il calcio.
Rivale e grande amico. Venne anche al mio matrimonio. Avevamo un’usanza: la cena a casa sua, il venerdì sera. Anche prima del derby? Certo, anche se con titubanza, era impensabile vedere insieme un granata e un bianconero assieme nella settimana del derby. Lui, quando lo capì, una sera non mi aprì la porta. Io bussavo e lui da dietro rideva, ma non apriva.
Forte Zoff.
Più forte di me. Io istintivo, lui metodico. Io ero il suo secondo in Nazionale ed era giusto così.
Toro-Cesena 1-1, ultima di campionato, decisiva per lo scudetto. Ma l’allenatore Radice si arrabbia per il gol preso, e lo dice ai microfoni...
Sì, quel filmato è mitico. Radice era in trance, come tutti. Mi ricordo che durante la partita sentivo la radiolina di un fotografo dietro la porta per sapere cosa faceva la Juve, i nostri rivali.
Maradona.
Ho giocato a Napoli nel suo primo anno azzurro. Confermo quello che dicono tutti: era il numero uno. Anche umanamente. Un giorno lo portai a Menaggio, tre giorni a casa mia. Lo portai a comprar e la barca da Tullio Abbate. La provò, la volle subito. “Ma serve attendere i permessi di trasporto”. “Caricate la barca e via, pago io la multa, nel caso”.
Il compagno più simpatico?
Pecci era un comico. Quando Maradona segnò il gol da dentro l’area con la Juve, la palla gliela passò Pecci, il tocchettino della punizione di seconda. Ora dice che il merito è tutto suo...
Vent’anni all’Inter da preparatore.
Ne ho avuti tanti, Zenga, Toldo, Pagliuca. Passai un mese in Brasile per vedere di nascosto Julio Caesar, che prendemmo a parametro zero. Solo che in tribuna c’era sempre Leo Junior, che mi conosceva. E io per non farmi riconoscere, mi vestivo con la maglia
e cappellino del Brasile...
Portieri che le piacciono oggi?
Vicario, forse. Ma la differenza è che ai nostri tempi ogni portiere aveva delle caratteristiche che lo facevano subito riconoscere. Oggi sono un po’ tutti uguali. Rispetto a noi però subiscono più critiche: una palla sbagliata di piede e vengono massacrati.
Il calcio d oggi?
Lo capisco poco. Il possesso palla fatto di 30 passaggi ai nostri tempi lo chiamavano “melina”. E se lo facevi ti fischiavano. Oggi hanno indottrinato i tifosi, che si beano del possesso palla. Ma a che serve nella tua metà campo. Ma il mio calcio tornerà: Allegri, Conte e Chivu ogni tanto provano il lancio per andare di là in trenta secondi...
Auguri.
Grazie
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