Giro, una carezza Rosa per Fabio

L’omaggio Il Giro Next Gen Under 23 è partito da Albese con Cassano come dedica a Casartelli

Como

La mamma di Fabio Casartelli, giovane campione morto al Tour de France giusto trent’anni fa, si chiama Rosa. Con tutto quello che significa per una mamma di un ciclista. E con tutto quello che significa nel giorno in cui il Giro d’Italia Under 23, il Next Gen, viene a bussare ad Albese con Cassano per omaggiare la memoria di Fabio, facendo partire proprio da qui, di fronte al monumento dedicato al ciclista, la terza tappa della corsa. Cerchiamo di stare molto lontani dalla retorica: anche perché, ogni volta che c’è un altro giro di giostra ciclistico cui lei e il marito Sergio sono invitati, c’è sempre il rischio che, assieme all’emozione, arrivi anche una soffiata violenta sulla brace del dolore.

Ma l’emozione vince su tutto. Perché lei e Sergio arrivano presto, sempre schivi, sempre defilati, a ricevere il saluto dei bambini dell’asilo locale con le bandierine rosa colorate con i pennarelli, che a loro volta guardano il monumento straniti. Sono piccoli, cosa volete che ne sappiano chi era Casartelli? Ma forse lo sanno bene molti dei ciclisti della corsa, talenti veri, che salgono sul palco nella presentazione, troppo giovani per ricordare, ma non troppo giovani per sapere. Perché il connubio è lampante: Fabio Casartelli vinse le Olimpiadi nel 1992 ed era un talento forte, ammirato, pronto a esplodere, come lo sono questi ragazzi che già vestono divise mitiche, e alzano il braccio per salutare quando lo speaker pronuncia il loro nome. Una passerella che dura molto, e che avrà fatto pensare a Sergio e Rosa, lì fermi sulla piazza, mentre si tengono a braccetto, che anche il loro figliolo era così, bello, esplosivo, aitante, pieno di potenza da far esplodere sui pedali, meraviglioso solo come i ciclisti sanno essere, con quello sguardo che guarda chissà dove, gelido, ghiacciato, focalizzato. Così ecco il momento più emozionante: l’ultima squadra a transitare sul palco è quella del leader, quello della maglia rosa Jonathan Vervenne. E quando scendono i suoi compagni, lui resta lì, in mezzo al palco, perché è stato organizzato che i genitori di Fabio salgano per conoscerlo. E così, quando si avvicinano, mamma Rosa fa un gesto automatico, banale, di nessun conto se fossimo in qualsiasi altro posto del mondo, ma non qui: cinge con la mano da dietro la vita di Jonathan, come se fosse un vecchio amico, un parente, un... Figlio. Abbraccia Jonathan, e in quel momento abbraccia anche un po’ Fabio, abbraccia tutti quelli che sono lì che come Fabio hanno inseguito un sogno, sono tornati a casa in lacrime dopo una sconfitta, non hanno dormito una notte prima di una gara, hanno stappato lo spumante in famiglia dopo una vittoria. Un abbraccio leggero, quasi inosservato. Ma commovente.

Poi la gara è partita, con il conto alla rovescia urlato in coro dal pubblico, come si fa nelle grandi corse. Una giornata iniziata presto, quando, il sindaco di Albese Alberto Gaffuri e Paolo Frigerio del Canturino, organizzatore dell’evento, l’uomo che ha avuto l’dea di questo omaggio, già dal mattino facevano i vigili urbani per far parcheggiare caravan, motorhome e ammiraglie. Non un gioco da ragazzi, perché il dispiegamento di mezzi è eclatante, come quello di un Giro d’Italia professionisti. Ma ce l’hanno fatta a sistemare tutto per bene. Andirivieni i corridori sul palco, tlick, tlock, tlack, i rumori dei ganci sui pedali, una revisionata al computerino, gesti sempre uguali, alcuni utili, alcuni solo scaramantici. Come quel ragazzo che fa il segno della croce, mentre è in sella. Magari Rosa ha abbassato lo sguardo. Buon viaggio ragazzi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA