Il Lombardia di Fabio: la mostra su Casartelli

Eventi Aperta a San Pietro in Atrio sino a domenica, cimeli, maglie e biciclette del campione scomparso 30 anni fa

Como

Il Giro di Lombardia parte da qui. Alle 18, dentro San Pietro in Atrio. Su e giù di emozioni, come una tappa alpina. C’è di tutto, la salita, la velocità, i colori, la passione, la commozione: proprio come una gara ciclistica. Per una volta Como ha voluto celebrare un suo campione allungando il Giro di Lombardia che parte domani da Piazza Cavour, in un tappone del ricordo che durerà quattro giorni.

CentoCantù e il Comune di Como, con la collaborazione di Asso Albese, della Fondazione Casartelli, del Canturino (cosa c’entra il Canturino? Il Canturino c’entra sempre) hanno allestito la mostra dedicata a Fabio Casartelli in un luogo non banale, in pieno centro città, ricco di suggestione. Fabio Casartelli è due persone in una. E’ il campione sorridente, timido ma spiritoso, che vinse un oro olimpico a Barcellona 1992, ultimo dilettante a farlo prima che il professionismo cannibalizzasse anche i Giochi. E poi è lo straziante rimpianto di una maledetta caduta che ce lo ha strappato al Tour nel 1995.

Siamo qui perché sono trentanni da quell’incidente, ma tutti sono d’accordo nel fingere che non sia così. Dunque siamo qui per celebrare quell’oro olimpico. Ma c’è di più. Como apre le porte del suo cuore, nella sua parte nobile della città, per celebrare un campione che non è stato mai suo, prima, perché Como è un po’ così, non celebra. Casartelli era una cosa di Albese, degli appassionati, di quelli con il berretto da ciclista, degli storici. Invece stavolta no: Fabio Casartelli, nel weekend del Giro di Lombardia, è un figlio di Como e merita di essere celebrato come un’icona, il suo faccione sorridente nel manifesto fuori dall’ingresso, sbattuto dolcemente in faccia a comaschi e turisti. Come un monumento. Perché i campioni dello sport sono monumenti di abnegazione, sacrificio, impegno, dedizione, che se solo uno ce ne mettesse la metà nel proprio lavoro di tutti i giorni, sai che mondo migliore ci sarebbe...

Inaugurazione alle 18 con sindaco Rapinese, Questore Calì, assessore Colombo, introdotti e amalgamati dallo starter Ceriani, presidente di CentoCantù. Ma gli ospiti d’onore erano loro: Annalisa Rossetti, sua moglie, e i genitori Sergio e Rosa Casartelli. Tutti ad allontanare il ricordo del Tour, come in fuga da uno spietato inseguitore, che quando si affacciava, poi comparivano i lucciconi nei loro occhi, ma bravi a tenere il ritmo di quella che doveva essere una festa.

E così, anche là in fondo c’era la bicicletta di riserva di quel Tour maledetto marchiata Caloi, diventata tristemente famosa perché era sull’ammiraglia che arrivò comunque a Parigi e fu fotografata sul tetto in tutte le salse, con l’Arc de Triomphe sullo sfondo, tutti facevano finta di non vederla. E si concentravano su quella delle Olimpiadi, la Colnago bianca e rossa con cui tagliò il traguardo a Barcellona. E poi ecco lì la medaglia d’oro, in una teca, le maglie azzurre indossate. E un sacco di curiosità, come il piatto regalato a Fabio da Pavarotti.

Pavarotti? «Sì - ha raccontato Annalisa, un po’ frastornata, ma (per quel che si può) felice -, lui fu ospite di una festa organizzata da Pavarotti, eravamo al suo tavolo, io seduta vicino al maestro. Non aprii bocca». E poi: «So che non è semplice ma voglio sempre lasciare da parte l’incidente e, in queste occasioni, godermi i ricordi felici. Anche se fanno male pure quelli. Ho trovato una foto di io e lui abbracciati dietro il podio a Barcellona. Mai vista, Fabio mi sorprende ancora adesso». Fiori per lei e per la mamma Rosa. Poi ecco quelli della Baita. Che non sono sciatori, ma compagni di squadra. Alla Domus, nei dilettanti. I comaschi Consonni e Mantovan, poi Nicoletti, Milesi, Maggioni. La Baita era quella di papà Sergio, sopra Albese, dove si ritrovavano a scherzare quei ragazzi. «Io glielo avevo predetto, - racconta Maggioni -: eravamo in camera e gli dissi, pensa se torni con l’oro? E lui se lo ricordò al ritorno». Poi ecco il ct di allora (comasco) Fusi, che vorrebbe stare in disparte, ma poi accetta di parlare, di raccontare, quei giorni di preparazione trascorsi insieme, c’era anche Rebellin un altro tradito dalla strada. E poi ecco Mino Bruno, ex dirigente Comense.

L’inaugurazione è finita, si scende di sella. Baci e abbracci. Ma si continua: mostra aperta per quattro giorni. Fabio Casartelli stavolta a tirare al volata, al Giro di Lombardia. Annalisa ne è convinta: «Questa è una corsa che avrebbe potuto vincere». Scusate la retorica, ma oggi un po’ l’ha vinta anche lui.

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