La grande pedalata per Fabio: «È gioia e dolore»

La manifestazione per ricordare il ciclista di Albese, campione olimpico 1992 e morto al Tour nel 1995, nei 30 anni dalla sua scomparsa

Como

«Ogni volta è una grande gioia e un grande dolore». Ben prima delle 7 del mattino, la signora Rosa, mamma di Fabio Casartelli, è lì, dietro il bancone della distribuzione pacchi gara. Che si dà da fare come tutti volontari (anzi, le volontarie: a quel tavolo solo donne). Oggi è un giorno speciale. La Gran Fondo Fabio Casartelli, la pedalata per ricordare il ciclista di Albese, campione olimpico 1992 e morto al Tour nel 1995, cade nei 30 anni dalla sua scomparsa (anche se è la 26esima edizione visto che partì qualche anno dopo). Il senso di dare un valore diverso a una cifra tonda, sta solo agli appassionati e agli storici.

Per Rosa è sempre tutto maledettamente uguale: «Cosa vuole che le dica? E’ bello vedere che tante persone vengono qui a ricordare Fabio. E’ bello, perché ho la sensazione che non venga ricordato solo per l’aspetto sportivo, ma anche perché era un bravo ragazzo. Sì, il mio Fabio era un bravo ragazzo. Ringrazio tutti, è una cosa sempre bella. Ma per me, per noi, è anche sempre un dolore che si rinnova. Quest’anno poi abbiamo avuto la sorpresa del Giro d’Italia Under 23. Io non lo sapevo neppure vedevo i fiocchi rosa, poi ho capito», e sorride pudica.

Vengono da tutto il circondario. Lo dicono le maglie delle squadra amatoriali, alcune in stile moderno, fluo, che fanno il verso a quelle dei campioni in gara al Tour. Altre volutamente retrò. Malgrate, Mandello, Lecco, Castello, e poi quegli idoli della Gioiosa di Turate, che schierano anche un gruppo un po’ in là con l’età, capelli bianchi, pancia incorporata, ma sempre appassionati (uno si ribalta all’arrivo per colpa di un tombino, ma nulla di serio), i più simpatici di tutti, come si dice?, per distacco. C’è anche chi osa, come quel tipo (non giovanissimo) con i pantaloncini leopardati.

Alla partenza prende il microfono Sergio Casartelli, papà di Fabio: «Grazie a tutti di essere qui, a ricordare Fabio pedalando. So cosa vuol dire: ero corridore anche io correvo per la Ignis, ho corso anche con Gimondi e Motta. Una volta dovevamo fare il giro del lago, l’ammiraglia non mi ha mai dato da bere, mi ha lasciato solo, allora ho mandato a quel paese Borghi e ho detto, basta, taglio, vado a casa. E infatti così ho fatto,e non ho corso più...». Riesce a strappare un sorriso agli amatori appoggiati al manubrio in attesa del via. Poi si fa da parte, in questa emotivamente faticosa kermesse, che arriva dopo il consueto viaggio al Tour (lo hanno fatto il 4, con visita a Lourdes, passaggio al Portet d’Aspet, erano in 31 della Fondazione). Via, partenza, sfilano verso Lecco i circa 160 partecipanti.

Tre percorsi: la salita di Onno e ritorno, la salita del Ghisallo (aperta al traffico, doveva essere chiusa) e il percorso più impegnativo, le salite di Ghisallo e Colma. Ghisallo e Muro cronometrati. Il miglior tempo sul corto 1ora e 58 minuti, il miglior tempo sul medio 2ore e 22minuti, il lungo oltre 4 ore. I tempi cronometrati sono stati presi sulle crono scalate del Ghisallo e del Muro. Al Ghisallo miglior tempo di Simone Donghi con 23’ 24, secondo Matteo Lenti 25’01. Sempre loro due i migliori anche sul Muro con rispettivamente 9’44 e 10’46.

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