«Como e Cantù in alto ve l’avevo detto E adesso gli impianti»

Intervista con Marco Riva, presidente regionale in giunta nazionale Coni

La sensibilità e l’intelligenza di dire grazie. Tutte le volte che serve, senza avere pudore. Lo fa anche in questa circostanza, Marco Riva, presidente del Coni della Lombardia e neo eletto nella giunta nazionale del presidente Luciano Buonfiglio.

Ci arriva, nella stanza dei bottoni del Foro Italico, spinto dall’acclamazione (il 100% dei consensi) che lo ha riconfermato sullo scranno più alto dello sport in regione e da più votato nella corsa al dopo Giovanni Malagò. Lecchese, una presenza di spicco nel Panathlon di Como (è stato il vice delle ultime due presidenze), Riva è uno di quelli abituati a guardare sempre avanti.

Via il dente, via il male, presidente. Un salto di questo tenore val bene qualche grazie. Cominciamo?

Dalla mia famiglia, ovviamente. Che fin qui ha sopportato il sacrificio di vedermi poco e che ora mi avrà ancora più in giro. Ma che non mi ha fatto mai mancare l’appoggio.

E poi?

A Giovanni Malagò, che ha saputo portare il Coni a risultati straordinari e grazie a un consenso unico e tangibile, che tutti hanno potuto toccare con mano in questi anni.

Finito?

Ho un senso di gratitudine nei confronti del territorio lombardo, con il quale siamo riusciti a costruire un sistema virtuoso, capace di coniugare i risultati e i valori dello sport. Il merito è delle Federazioni, delle associazioni, dei dirigenti, dei tecnici, degli atleti e di tutti a quelli che, come me e come la mia squadra, hanno a cuore uno sport sempre più credibile, accessibile e vicino alle persone.

Le sensazioni quali sono?

Sono onorato di rappresentare i territori, forte sì della fiducia derivata dall’ampio consenso, ma anche da una rete di rapporti, che è frutto del lavoro di questi anni e di tutte le relazioni che si sono sviluppate.

Che tipo di lavoro imposterà, ora?

Servirà una visione più ampia, a livello nazionale e che coinvolga tutti. Nuove dinamiche, ovviamente, ma senza lasciare indietro la Lombardia.

Possiamo tranquillizzare, dunque, l’intero movimento regionale: Marco Riva non allenta la presa?

Assolutamente no, anzi. Qui il legame con il mondo sportivo e dell’associazionismo è forte. Avrò bisogno sul territorio, ovviamente, di più collaborazioni e all’esterno della possibilità di dinamiche che saranno di tutti, anche della Lombardia. Mi sentirò rappresentante delle istanze di tanti movimenti, una bella responsabilità.

La sua ricetta?

Quella di sempre: parlare, ascoltare, capire. Individuare le criticità e cercare soluzioni.

Allora partiamo dalla realtà regionale. Il barometro vira verso?

Il tema dei risultati direi che non si discute, e a ogni livello, visto che arrivano, grazie all’attività di tutti.

Quindi, quali le chiavi per il futuro?

Due: l’impiantistica sportiva e la formazione. Su quest’ultimo punto si è fatto molto e continueremo a fare senza soste.

Su quello più delicato, allora?

Senza impianti adeguati, non si può fare sport. Quindi l’esigenza principale è farne di nuovi o adeguare gli esistenti. Serve un piano strategico a livello nazionale, che abbia ricadute sul territorio.

Ottimista o frenato da lacci e lacciuoli di leggi e burocrazia?

Adesso è il momento di dare un seguito tangibile al riconoscimento dello sport in Costituzione e non avere paura di partire, o ripartire, dall’edilizia sportiva. E penso anche a quella scolastica. In maniera positiva come risorsa per l’attività anche della società e in maniera tristemente negativa laddove non ne esiste nemmeno per la pratica a scuola. D’altronde ciò che rappresenta lo sport lo si evince dalla vita di tutti i giorni, con la sua veste sociale, capace di coinvolgere le comunità e tenere tutti assieme.

E quindi?

Quindi l’attività continuativa ordinaria va sostenuta non solo con aiuti economici, ma garantendo in primis la possibilità di fare sport. Sono i territori che rappresentano la vera forza del sistema sport. Lì nasce e cresce la passione, si coltiva il talento e si costruisce il valore sociale, educativo e culturale dello sport, declinando i principi del movimento olimpico. Lì il Coni prende forma, si radica, si rinnova, rendendosi visibile e vicino alla vita della gente.

Esiste un modello Como?

Il mio rapporto con la città è legato all’attività che da anni portiamo avanti con il Panathlon e con il lavoro del mio delegato Niki D’Angelo. Como, al pari degli altri territori, ha delle peculiarità proprie, e penso agli sport di squadra, al canottaggio, a quelli dell’acqua e al ciclismo per fare qualche esempio. Con l’aggiunta, non di poco conto, del Como 1907, che adesso a una visibilità mondiale, e della Pallacanestro Cantù forte di promozione. Se vi ricordate, io l’avevo detto: Como e Cantù hanno una dimensione da serie A, e ora ci sono. In più...

In più?

Entrambi hanno un focus decisivo sugli impianti: quello per il basket ormai è una solida realtà e avrà un impatto clamoroso su tutto il territorio, quello per il calcio mi sembra molto più di una priorità. Facciano da volano anche per amministrazioni e altre realtà: campi, palazzetti, centri e palestre sono il futuro non solo dello sport.

E adesso le Olimpiadi: che chance e quali ricadute?

Un’opportunità che deve lasciare un’eredità. A livello di impiantistica sportiva, e penso al PalaSantaGiulia come novità e all’adeguamento dell’esistente come conseguenza, e di infrastrutture. Un’occasione unica per vedere e parlare di sport e affermare ancora di più una cultura sportiva.

Come?

Spingendo sempre di più lo sport e i suoi valori, affermando e amplificando l’eco dei cinque cerchi olimpici. Un’evoluzione culturale, e a ogni livello, non può che passare per i principi dello sport e la visione dell’olimpismo. Avremo la fortuna di averli qui, sotto casa. Saranno una grande opportunità di integrazione, benessere, crescita della comunità, impatto economico e condivisione.

E per finire?

Lasciatemi augurare buon lavoro al presidente Buonfiglio, alla giunta, al consiglio e a tutta la struttura del Coni e a quelle risorse che lavorano dietro le quinte e che consentono all’ente di proseguire la sua storia.

Da parte sua?

Porterò in giunta l’esperienza maturata in Lombardia, il legame profondo con il territorio e la determinazione a lavorare per uno sport sempre più credibile e vicino alle persone.

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