Otto anni di Bulgheroni alla Como Nuoto: «Ho nuotato in acqua agitate. Vincendo»

L’intervista Parla il presidente uscente che ha attraversato un periodo complicato ma ricco di soddisfazioni

Como

Ha tolto il disturbo per… togliere da eventuali impacci chi si stava arrovellando su quale fosse il numero di dimissioni per far decadere il consiglio. È così durato poco, il Bulgheroni ter, giusto il tempo di portare a otto anni e un tot la durata della sua presidenza in Como Nuoto.

Mario Bulgheroni ha scelto le dimissioni («così non se ne parla più») e lo sconforto iniziale – quasi eccessivo ma comprensibile («è come una sconfitta, non sarà facile da digerire e dovrò elaborare il lutto», la confidenza al cronista) – sta piano piano lasciando lo spazio alla consapevolezza che c’è dell’altro oltre la centenaria e un tot società della ranetta.

Il Covid, due guerre, le battaglie legali per la sede, le piscine chiuse e la riforma dello sport… Dobbiamo aggiungere dell’altro?

No, direi che – nel complesso – non ci siamo fatti mancare nulla in questi otto anni.

Eppure lascia con una certezza granitica: la Como Nuoto ancora c’è. Non era scontato, anche solo otto anni fa.

Mi fa piacere lo riconosciate. Io lo so bene. So quanto ho fatto, grazie alla mia famiglia, che non mi ha mai ostacolato anche davanti alle cifre importanti che abbiamo dovuto immettere e ai debiti ai quali abbiamo fatto fronte. Non mi sono mai tirato indietro, arrivo a dirvi che ho fatto il presidente h24 e sette giorni su sette.

Ma non sono mancate le soddisfazioni…

In primis quelle di aver sempre messo in acqua gli atleti, anche quando sembrava impossibile. L’ho sempre detto: loro, le ragazze e i ragazzi della Como Nuoto, sono stati la mia benzina. La forza per andare avanti, contro tutti e tutti. Voi che mi avete ascoltato parecchie volte, ricorderete quando a loro dicevo: “Siete voi i presidenti della società, non io”. E ci credevo veramente.

Pronti via, e l’impressione fu quella di aver trovato una capo pure fortunato.

Vero. Diventai presidente il 23 marzo del 2017, subito dopo centrammo la promozione in A2 con la squadra maschile di pallanuoto. Gran bella soddisfazione.

E la situazione qual era?

Avevamo già le ragazze in quella categoria, il nuoto stava per riaffacciarsi sulla scena, peccato però per il sincro, che da lì a poco chiuse perché non c’erano più le condizioni, anche per mancanza di ragazze disposte a fare così tanti sacrifici per restare ad alti livelli.

Tra i primi ostacoli, quali gli si pararono davanti?

La situazione debitoria era tale nei confronti della Federazione che non ci permettevano l’iscrizione di squadre e atlete. Parlo di una cifra attorno i 220 mila euro. Stessa cosa, mesi dopo, quando per poter partecipare al bando per la concessione della sede saremmo dovuto rientrare degli 82/84 mila euro in sospeso con il Comune. Impossibile, in entrambi casi, dilazionare il debito, quindi è stata proprio la mia famiglia ad accollarsi la responsabilità di sanare le due situazioni.

La vicenda con il competitor Pallanuoto Como per l’aggiudicazione della sede è stata peraltro infinita…

Tribunali, Tar, Consiglio di Stato e Cassazione per una vicenda che si è conclusa solo a ottobre 2023. In questi giorni, tra gli altri, ho ricevuto un messaggio dell’avvocato Tumbiolo, che ci ha affiancati in tutta la vicenda, che mi ha particolarmente emozionato: parlava di ostinazione, giustizia e di un risultato importantissimo.

L’acqua, elemento fondamentale per la Como Nuoto.

Che devo dirvi? Anzi, vi dico. Nel 2019 chiude la piscina di Muggiò e inizia il delirio. Non mi vergogno a dirvi che ho chiamato anche tutti i condomini della città che avevano uno spazio interno per poter buttare in acqua almeno i più piccoli. Ci rispose una villa privata di Lora e per un po’ facemmo attività lì. Poi Legnano, Lentate, Cermenate e Villa Guardia: recuperammo tutte le corsie possibili, con tutti gli annessi e connessi per spostare istruttori e materiale. In campionato giocammo a Monza e Busto, anche lì non facile fare coincidere tutto.

Poi c’è stato Chiasso…

Anche lì un gran lavoro di relazioni a costi che potete immaginare, poi la doccia gelata di quando un anno dovette chiudere per interventi straordinari.

E allora?

Allora ci inventammo la copertura della piscina di viale Geno. Di per sé costava già 30 mila e 500 euro, ai quali aggiungere bollette alle stelle per riscaldarla in pieno inverno. Nel frattempo era cominciata la guerra, con aumenti fino al 50%.

L’idea Lentate nacque in quel momento?

L’idea Lentate fu una delle soluzioni che andavamo cercando quando eravamo a pezzi. Anche lì un rapporto non facile, dopo un buon inizio, malgrado sia struttura idonea al nuoto e non alla pallanuoto. Poi, alla riapertura dopo il Covid, quando erano necessari alcuni interventi strutturali ci fu qualche problema con il proprietario. Ma Lentate…

Ma Lentate…

È diventato un modello di sostenibilità, anche a livello economico. L’averlo preso in gestione è coinciso con l’inizio dell’autogestione della sezione nuoto, che praticamente si sostiene grazie ai corsi e all’attività di allenatori e istruttori. I risultati si vedono, con un bacino di 500/600 bambini che la frequentano e ci danno la possibilità affitto, utenze e compagnia.

Lì nasce e cresce quel fenomeno di Cristian Bacico?

Per noi un gioiellino, che si è affacciato sul panorama nazionale. Verika Scorza e compagnia sono riuscite a esaltare le sue enormi qualità, l’aver poi dovuto affittare una corsia da 50 metri a Varedo per affinare la tecnica è stata un’altra conseguenza geniale.

Bacico, ma non solo. Tante le soddisfazioni.

Della promozione in A2 dei ragazzi già ho detto. Poi il magnifico accesso all’A1, mantenuta per qualche stagione, delle Rane Rosa e l’esplosione del settore nuoto. Arrivammo che era praticamente morto, ora abbiamo soddisfazioni a tutti i livelli.

È stato anche il presidente ad aver tagliato il nastro dei 100 anni del club.

Un piacere enorme. Con quella festa di presentazione del libro a San Fermo in una sala strapiena e poi il tour di festeggiamenti. Ricordo la serata ad Alzate. Di fianco a me Mario Bianchi, uno dei pionieri del club. Il mattone della Como Nuoto. Sapete cosa mi auguro?

Ce lo dica.

Preparammo il compendio dei 100 anni partendo dal gran lavoro per gli 80 di Natale Gagliardi. Ecco, spero che un domani i miei successori possano celebrare un nuovo anniversario tondo partendo dal nostro libro di un certo Edoardo Ceriani. Lo conoscete?

Manteniamo dritta la barra, senza sbandare. La Como Nuoto e la città.

Porte sempre aperte, lo dimostrano le innumerevoli attività sportive e culturali. Mi rimprovero di non aver dato seguito alla Giornata della memoria per i nostri soci e atleti, colpa dello stress e delle troppe cose da seguire, ma mi vanto di avere mantenuto acceso fino all’ultimo il messaggio di “Con il nastro rosa”, molto più di un gemellaggio tra le nostre Rane Rosa e l’associazione Noisempredonne.

Otto anni e quanti grazie?

Non so, non li conto. Di certo alla mia famiglia, con mia moglie Loredana, e vi ho già detto il perché. Se la Como Nuoto ancora esiste, tanto lo devo a loro. Poi ai collaboratori che mi hanno sempre seguito, anche in quei momenti in cui mi sono sentito lasciato solo. E penso a Nadia Ostinelli, con tutte le dritte dalla segreteria amministrativa, e Verika Scorza, che mi ha aiutato a districarmi alla ricerca di spazi acqua e soluzioni alternative. Poi lasciatemi chiudere con mio figlio Andrea. Finché lo hanno lasciato allenare, perché io non sono mai voluto entrare nel discorso, il movimento pallanuotistico maschile aveva ritrovato una nuova primavera, con titolo regionale e una fase finali nazionale ritrovata dopo 20 anni.

Cosa farà adesso?

Avevo provato a rimettermi in gioco, con un mandato che poteva anche essere ponte verso nuove figure. Non mi è stato possibile.

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