Procida: «L’Eurolega è realtà. La Nba? lontana, ma non impossibile»

Intervista a tutto tondo con il giocatore comasco in forza all’Alba Berlino, in Germania

Quattro anni fa, proprio agli inizi di febbraio, Gabriele Procida si faceva conoscere al mondo della pallacanestro. Con la maglia della Pallacanestro Cantù, a 17 anni, infilava tre triple di fila nel cesto di Venezia, firmando i suoi primi punti in serie A e lanciando chiari messaggi riguardo il potenziale futuro che l’avrebbe atteso. Lasciata la Brianza alla fine della stagione seguente, eccolo fare un salto alla Fortitudo Bologna prima di impegnarsi con l’Alba Berlino sotto forma di un contratto triennale. Quella attuale è la sua seconda annata in Germania, nonché la seconda in Eurolega.

Gabriele, quanto è migliorato il Procida tedesco, ora ventunenne?

Sono molto cresciuto, soprattutto a livello mentale e di fiducia nei miei mezzi. Ora so cosa fare e quando farlo. Commetto meno errori di concentrazione e ho bandito le cose banali, soprattutto in difesa.

Maggior efficacia al tiro, miglioramenti nel ball-handling, più tosto in difesa: dove ha necessità di diventare migliore?

In tutto, ma di più nel trattamento di palla. Ci sto lavorando e pure parecchio.

Lei ha a disposizione ogni mattina un player development coach.

E infatti con lui ci do dentro come un matto.

Ha anche messo su muscoli.

A Cantù dicevo di pesare 88 chili, ma baravo perché in realtà ero sugli 84... Ora siamo a 93.

Diciassette minuti di media in campo sia in Bundesliga sia in Eurolega, con 9.5 e 8.7 punti rispettivamente. Soddisfatto?

No. Ma mi ero messo in testa di essere più continuo senza alternare prestazioni top ad altre flop. E in questo senso non mi posso lamentare.

Vero che c’è meno pressione per il risultato da voi all’Alba?

In verità la pressione c’è anche qui, ma la si vive e sente in maniera diversa. Il primo aspetto al quale si punta è il miglioramento individuale di ogni singolo giocatore. Migliorando così tutti insieme si contribuisce a migliorare la squadra. Quest’ultima, tuttavia, viene quasi in secondo piano.

Lei un paio di mesi fa ha realizzato 22 punti in 23’ in un match di Eurolega giocato contro il Maccabi in un’Aleksandar Nikolic Hall di Belgrado deserta poiché gli israeliani giocano lì a porte chiuse. Una beffa...

Il palazzo, tra l’altro gigantesco, mi ricordava le partite ai tempi del Covid... Aver avuto una platea “normale” sarebbe stato più appagante, anche se non è quella la partita che più ricordi con particolare piacere.

E perché mai?

Perché abbiamo preso una batosta. Mi sono sentito molto più partecipe alla causa, pur segnando meno, nell’aver aiutato la squadra a vincere fuori con il Villeurbanne o nelle partite con Barcellona (questa sera si giocherà il ritorno in Spagna, ndr) e Stella Rossa.

Stop all’attualità, torniamo indietro: che ricorda del suo debutto con Cantù l’ottobre del 2019?

Era contro Venezia e mi ha dato un’emozione incredibile, difficile da spiegare. Mi piacerebbe riassaporarla.

Sempre contro Venezia, al ritorno, quelle sue tre triple di fila in sette minuti che indicarono chi avrebbe potuto essere Procida.

Il flash che mi fece conoscere fuori dall’ambiente canturino, anche perché punti e canestri segnati non certo in garbage time.

Il top quei 24 punti in trasferta a Pesaro nel gennaio 2021.

I miei tiri entravano, ma la sconfitta fu sonora. Ricordo però quella sfida soprattutto perché segnò la fine di coach Pancotto sulla nostra panchina.

Chi si sente di dover maggiormente ringraziare per il lavoro che su di lei è stato fatto nel settore giovanile al Pgc?

Un grazie va a Gabriele Zaccardini, mio primo allenatore, e ad Antonio Munafò, l’anima del club. Ma un debito di riconoscenza l’ho in particolare con Totò Visciglia che mi ha dato i gradi di capitano quando capitano era un altro, mi ha responsabilizzato e ha creduto in me prima ancora che ci credessi io.

Perché il trasferimento alla Fortitudo Bologna?

Ho scelto l’allenatore, volevo essere seguito da lui, ovvero da Jasmin Repesa. Ho fatto bene e rifarei quella scelta perché il coach mi ha formato molto.

Da ragazzino non aveva un idolo al quale ispirarsi, ora ha cambiato idea?

No, non ne ho uno in particolare. Seguo con attenzione tutti i migliori nel mio ruolo per cercare di carpirne i segreti.

Il suo ruolo, appunto: quale sarebbe?

Guardia-ala. Oro sto giocando più da “3”, ma preferisco guardia.

Al Draft Nba del 2022 è stato selezionato alla 36 a chiamata dai Detroit Pistons, ma quell’avvenimento lei lo ha vissuto sul divano di casa senza andare negli Usa

Oltre a papà e mamma, a casa mia quella notte c’erano anche alcuni amici. Ma restammo svegli solo io e il babbo, gli altri crollarono. Detto che fui felicissimo, avrei magari preferito essere scelto un po’ prima...

Ma a un suo futuro nella Nba ci pensa ogni tanto?

Francamente no. Al momento mi sembra più che altro un sogno e non qualcosa di assimilabile alla realtà. Nel senso che di concreto non c’è nulla. Io posso soltanto lavorare il più sodo possibile per provare ad avere un giorno la mia chance.

Simone Fontecchio era a sua volta all’Alba e ora è ai Pistons dopo essere passato dai Jazz. Per lei più sogno o ipotesi ripercorre quella strada?

Ora sogno, ma farò di tutto perché l’ipotesi si possa concretizzare. Dipende tutto e solo da me.

Con la Nazionale ha già preso parte a un Mondiale e alle viste ci sarebbe un preolimpico...

Quello azzurro è un bellissimo ambiente, molto “casalingo”, nel quale ci si vuole tutti davvero tanto bene. Quanto al campo, direi che l’avversaria al preolimpico dovrebbe essere la Lituania. Certo che Parigi 2024 sarebbe un grande traguardo. Ed è un’ambizione.

A Berlino che combina di bello nei giorni liberi?

Vado sempre in palestra a fare un po’ di tiro, di pesi e di vasche ghiacciate, oltre ad allenarmi con il coach personale. Per il resto rimango a casa anche perché non è che qui ci siano delle gran belle giornate... Fa sempre freddo e il sole non lo si vede quasi mai.

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