Molteni: «Peccato per Bormio, non è andata come speravo»

Intervista «Rispetto alla prima prova cronometrata di Santo Stefano, dove ho fatto segnare l’ottavo tempo, in gara la neve e la pista sono cambiate»

Nicolò Molteni è amareggiato e arrabbiato. I piazzamenti nella tappa di Bormio della Coppa del Mondo, (35° nella discesa di giovedì, 37° nel supergigante di venerdì) non lo hanno soddisfatto.

«Non è andata come volevo: potevo fare sicuramente di più - ammette il cabiatese, 25 anni -. Su una pista difficile come la Stelvio, con distacchi sempre alti, potevo trovare un piazzamento migliore».

Un’autocritica “dura” da parte del comasco che però ha delle attenuanti. «Rispetto alla prima prova cronometrata di Santo Stefano, dove ho fatto segnare l’ottavo tempo, in gara la neve e la pista sono cambiate - dice -. Il ghiaccio ha aumentato, per chi come me partiva da dietro, lo “sbattere” degli sci. Il coefficiente di difficoltà, su una pista già complicata, è stata ancor più alto».

Se Molteni non è andato bene, la squadra azzurra non ha fatto di meglio. «Sono state due giornate poco felici, tra uscite e prestazioni al di sotto delle previsioni – aggiunge Molteni -. Io puntavo a una performance positiva per migliorare il pettorale nei tanti impegni di gennaio. Ma non è andata».

Il cabiatese dovrebbe guardare il bicchiere mezzo pieno: in fondo fa parte del ristretto numero degli uomini jet che si buttano a capofitto lungo le piste più difficili e ripide, a velocità pazzesche, con punte anche a 150 chilometri all’ora.

Vincendo anche la paura, amplificata, come è successo a Bormio, dalle cadute eccellenti di Schwarz e Innerhofer. «C’è sempre un rischio nelle nostre gare e di questo ne siamo consapevoli - spiega il comasco -. Le cadute fanno parte del gioco e chi deve andare ancora al cancelletto non devo lasciarsi condizionare. In gara vanno tutti al massimo e i rischi ci sono. Noi dobbiamo essere bravi a gestire questa situazione».

Sulla Stelvio è quasi impossibile non prendere qualche momento di “spavento”. «Nella discesa ne ho avuti un paio - dice -. Nella parte alta e nel canalino Sertorelli, con una spigolata, ma è andata bene. Una componente molto importante la riveste la stanchezza, amplificata anche dai continui “sbattimenti” degli sci sul ghiaccio, che mettono a dura prova anche le caviglie».

La linea del traguardo, come una liberazione. «Il primo sentimento è quello di essere arrivati in fondo, senza cadute. Un attimo dopo cerchi subito il tabellone per vedere il tempo. E per me sono arrivate due delusioni».

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