
(ANSA) - TORINO, 05 GIU - La semplice esistenza di aree protette dai confini stabili potrebbe non bastare più a garantire la sopravvivenza degli uccelli più specializzati alle quote estreme, hotspot di biodiversità, ma anche tra gli ambienti più vulnerabili ai cambiamenti climatici. Qualcosa sta avvenendo all'interno delle aree protette alpine, dove le comunità ornitiche stanno diventando sempre più simili a quelle presenti in zone non tutelate. Ciò probabilmente a causa del declino delle specie di alta quota, ma anche per la colonizzazione di specie più comuni provenienti dalle quote più basse, come la capinera e lo scricciolo. A dirlo è uno studio del dipartimento di Scienze della vita e biologia dei sistemi dell'Università di Torino. Con dati raccolti in 13 anni, lungo un ampio gradiente altitudinale nelle Alpi Cozie e Graie, i ricercatori hanno utilizzato il Community Temperature Index (Cti) - un indicatore della tolleranza termica delle comunità - per valutare l'evoluzione delle comunità ornitiche all'interno e all'esterno delle aree protette. Lo studio, "Elevational shifts in bird communities reveal the limits of Alpine protected areas under climate change", è stato recentemente pubblicato sulla rivista Biological Conservation.
I risultati mostrano un dato sorprendente: mentre al di fuori delle aree protette il Cti è rimasto stabile, all'interno è aumentato rapidamente, con un incremento delle temperature medie annuali di oltre 1,19 °C. Le variazioni più marcate si osservano al limite del bosco, dove la vegetazione arbustiva e forestale sta avanzando verso le alte quote a causa dell'abbandono delle attività pastorali e del cambiamento climatico. Gli autori individuano proprio il cambiamento della copertura vegetale come principale motore di trasformazione delle comunità.
Per contrastare questi effetti, lo studio suggerisce misure gestionali adattive come il pascolo mirato e la conservazione della connettività altitudinale, oltre a un monitoraggio continuo delle comunità ornitiche negli anni a venire. Solo espandendo la protezione formale e integrando azioni concrete sarà possibile mantenere habitat in grado di ospitare anche in futuro le specie simbolo delle Alpi, evitandone la scomparsa.
(ANSA).
© RIPRODUZIONE RISERVATA