Accoltellato alla gola fuori dal bar a Mariano. Condanna a 7 anni e 20mila euro

Arosio Il tribunale ha stabilito che fu tentato omicidio. Processo con rito abbreviato e sconto di pena

Sette anni e quattro mesi di condanna per il tentato omicidio dell’uomo con cui da tempo non andava d’accordo e che si era trovato di fronte sulla porta di ingresso di un bar di Arosio.

Una pena di qualche mese più bassa rispetto a quella che era stata chiesta dal pubblico ministero Michele Pecoraro (8 anni). Il giudice Walter Lietti ha poi aggiunto, come provvisionale in favore della parte civile costituita in aula (assistita dall’avvocato Alessio Ballabio), un risarcimento del danno di 20 mila euro che dovrà poi essere definito in sede civile.

Si è concluso così ieri il processo che ha portato in aula Domenicantonio Budà, 64 anni, arrestato per il tentato omicidio di Salvatore De Rinaldis, 70 anni di Arosio. Quest’ultimo, il 22 febbraio di un anno fa, era stato ferito in modo grave con un colpo di coltello al collo da un compaesano, Budà appunto. Nell’udienza di ieri, la difesa con l’avvocato Massimo Guarisco, ha provato a chiedere la derubricazione dell’accusa da tentato omicidio a lesioni pluriaggravate, non trovando però l’accoglimento del giudice che ha dunque sposato la tesi che era stata messa sul piatto dal pm. Il fatto di cronaca avvenne come detto nei pressi di un bar del paese. Budà era accusato dal pubblico ministero di aver colpito il rivale – con cui da tempo litigava – con un «penetrante e violento fendente alla base del collo». Un colpo solo che aveva leso la trachea della vittima che era anche rovinata a terra.

Il ferito era rimasto ricoverato in gravi condizioni al Sant’Anna per quattro mesi, venendo poi dimesso per essere sottoposto alla riabilitazione. La procura ha contestato anche la premeditazione. Secondo la pubblica accusa Budà avrebbe agito con «freddezza e determinazione» dopo essersi armato con un coltello da cucina tenuto chiuso dentro in una scatola fino al momento di sferrare il colpo. A salvare la vita alla vittima furono i soccorsi immediati prestati proprio dagli avventori del bar e poi dal 118. L’arma era stata immediatamente recuperata e sequestrata dai carabinieri della Tenenza di Mariano Comense.

Budà nel corso dell’interrogatorio successivo al suo arresto aveva confermato tutto anche davanti al giudice delle indagini preliminari. L’arma era stata recuperata: l’indagato aveva riferito di averla consegnata ad uno straniero che era fermo sulla porta del bar e che aveva visto tutto. Poi, Budà era tornato a casa, distante 150 metri dal punto dell’aggressione, per riferire alla moglie quello che aveva fatto per tornare infine sul posto ed attendere l’arrivo dei carabinieri.

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