Aggredita e violentata in centro
Imputato assolto: «Non fu lui»

Arrestato la settimana successiva, ha trascorso un anno in cella

La violenza ci fu, la minaccia con un coccio di bottiglia pure al pari delle ferite riportate dalla vittima, che all’epoca dei fatti aveva 23 anni. Non è però stato Rafael Enrique Reina Cordova, 45 anni originario del Venezuela, l’autore di quegli abusi. Il collegio del tribunale di Como, nel pomeriggio di ieri, non ritenendo che fosse stata raggiunta la prova per arrivare ad una condanna, ha assolto l’imputato «per non aver commesso il fatto». Decisione accolta con lacrime e abbracci dai parenti dell’uomo che attendevano nell’atrio del Tribunale. Reina aveva trascorso un anno in carcere in regime di custodia cautelare e ancora oggi era sottoposto all’obbligo di dimora a Como (revocato al momento della lettura della sentenza).

Felicità nelle parole dell’avvocato della difesa, Antonio De Spirito, che ha assistito Reina con l’avvocato Nicola Caputo. «Abbiamo sempre creduto nell’innocenza del nostro assistito – ha commentato De Spirito - per questo abbiamo scelto di affrontare il processo sapendo di essere giudicati da un Collegio attento che avrebbe valutato con cura tutti gli elementi. Non abbiamo mai negato che quella sera in piazza sia successo qualcosa di estrema gravita, però il nostro assistito non è il responsabile».

La procura di Como aveva invece chiesto la condanna a 5 anni sia per la violenza sessuale sia per le minacce e le lesioni. I fatti risalgono alla notte tra il 10 e l’11 marzo del 2019. La vittima aveva trascorso la serata in un bar della città murata, in via Indipendenza. Poi, intorno all’una della notte, aveva deciso di salutare gli amici per rientrare a casa, in un paese sulla sponda orientale del lago. La ragazza si era incamminata per le vie deserte quando, all’altezza dell’edicola di piazza del Duomo, tra i portici Plinio e piazza Grimoldi, era stata sorpresa di spalle, minacciata con una bottiglia di vetro, immobilizzata, spogliata della giacca e del maglione e costretta a subire atti sessuali. Stremata e spaventata si era accasciata a terra, cogliendo di sorpresa il proprio aggressore che si era dileguato.

Rafael Enrique Reina Cordova era stato riconosciuto dalla stessa vittima – il martedì successivo ai fatti avvenuti nel fine settimana – seduto su una panchina dei giardini a lago. L’uomo in questi anni ha sempre negato di essere stato lui l’autore di quella violenza, sostenendo di essere stato a casa sua quella sera (a Cantù) in quanto non si sentiva bene. La difesa ha inoltre sostenuto che l’individuazione non era stata precisa (la vittima era stata aggredita di spalle ed era buio), che l’imputato non parlava bene l’italiano (come invece riportato negli atti) e che era calvo, al contrario del primo racconto che aveva riferito dell’aggressore con capelli pettinati all’indietro. Anche sugli indumenti del Reina non era stato trovato Dna della vittima nonostante fosse rimasta ferita nela colluttazione. Elementi che verosimilmente hanno condotto il Collegio a non ritenere che fosse stata raggiunta la prova della violenza. Un abuso che dunque rimane senza un colpevole.

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