«Era solo, mi istigava e mi colpiva»
Poi i calci e i pugni della baby gang

Brianza violenta - Dai racconti delle vittime le modalità di azione del “branco”, sempre uguali a Cantù come a Mariano Comense. «Mi hanno accerchiato e giù botte dappertutto». Zigomo e mano fratturati: 40 giorni di prognosi

Un modo d’agire all’apparenza studiato. Sia in quello che era “l’attacco”, sia nell’allontanarsi dal punto dell’aggressione sparpagliandosi e confondendosi in mezzo alla gente.

A leggere i racconti delle vittime della baby gang di Cantù, non possono che balzare all’occhio le modalità dell’azione, spesso identiche, quasi sempre sovrapponibili punto per punto.

La “scelta” del bersaglio

Non è chiaro come venisse scelta la vittima, se in modo accidentale, oppure per qualche motivo specifico e ad oggi sconosciuto.

Ma una volta individuata la preda i minuti successivi seguivano un canovaccio studiato. Uno dei ragazzi picchiati dal gruppo che terrorizzava la Brianza e anche il capoluogo, con quattro di loro (tutti maggiorenni) arrestati nelle scorse ore in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere, ricorda di essere stato spintonato deliberatamente mentre ballava in un locale notturno, colpito con delle spallate da un solo ragazzo.

«Mi istigava e mi colpiva», racconta. Da qui la decisione di allontanarsi, di uscire dal locale: «Ero nervoso». Ed è in questo momento che si sarebbe materializzato il resto del branco, «circa 20 ragazzi», tutti giovanissimi. Il gruppo che accerchia la vittima per non darle possibilità di fuga, e inizia il pestaggio. I colpi arrivano dal davanti, da dietro, non c’è possibilità di salvarsi dall’aggressione.

«Calci, pugni, sia sul volto che in tutto il corpo», racconta il giovane aggredito. Botte che proseguono anche quando la vittima cade a terra, priva di sensi. La prognosi parlerà addirittura di 40 giorni, in seguito a fratture allo zigomo e anche a una mano.

Il modo d’agire, anche in altri episodi, era identico a quello appena raccontato, a Cantù come a Mariano Comense oppure ad Alzate Brianza, sempre in punti di forte attrazione per i giovani, dove le persone (in mezzo a cui nascondersi) erano tante. Perché poi, soddisfatto l’istinto del branco e, magari, dopo aver anche rapinato le vittime (fatto tutt’altro che raro) subentrava la seconda fare dell’azione, che consisteva nel far perdere le tracce.

Le indagini proseguono

Gli inquirenti hanno avuto modo di appurare come la baby gang, prima numerosa, alla vista delle “gazzelle” dei carabinieri della Compagnia di Cantù, si sparpagliava.

Non più in venti ma in tanti gruppetti al massimo di tre o quattro ragazzi, qualcuno lungo la via, qualcuno vicino alle giostre, tutti comunque mischiati in mezzo ad altri ragazzi ignari di quanto era appena accaduto.

Questo ha reso ancora più complicata la ricostruzione non solo delle aggressioni ma anche di chi fosse o meno presente (e partecipe) ai pestaggi.

Nell’ordinanza eseguita la mattina di mercoledì, sono cinque gli episodi descritti di lesioni, rapine e danneggiamenti. E questi sono solo quelli che hanno riguardato i maggiorenni (da poco) del gruppo, mentre ci sarebbero anche diversi giovani su cui la procura competente (quella dei minori di Milano) sta ancora indagando. Perché oltre ai quattro arrestati, è emerso che il gruppo era composto – a vario titolo, ovvero non sempre con gli stessi soggetti – da un numero di persone che andava stabilmente dai 16 (che sono quelli identificati e denunciati) fino ai venti.

Mauro Peverelli
©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA