Liste d’attesa al Sant’Anna, la parola al direttore generale: «Prima i più gravi»

Sanità Fabio Banfi, direttore generale di Asst Lariana, replica alle critiche sui tempi lunghi per prenotare visite ed esami: «Miglioreremo, ma incide l’incremento della complessità clinica dei pazienti. Sono in crescita i ricoveri oncologici»

Il Sant’Anna sta cercando di reggere l’onda d’urto sulle prestazioni sanitarie più complesse, volendo dare risposte ai malati più gravi, alle patologie più urgenti. Con un conseguente minor spazio per le richieste più lievi che arrivano dall’esterno.

Questa è in sostanza la motivazione che i vertici dell’ospedale offrono a fronte delle tante lamentele ricevute, quasi quotidianamente, circa la difficoltà di prenotare visite ed esami, talvolta anche piccoli interventi. Non c’è mai posto, raccontano i pazienti, costretti a rivolgersi altrove.

«Rispetto al 2019, soprattutto nell’attività di ricovero, notiamo un incremento della complessità clinica dei pazienti – spiega il direttore generale dell’Asst Lariana Fabio Banfi– non solo in elezione, ma anche dal Pronto soccorso. In particolare a San Fermo ha incrementato i ricoveri per le patologie oncologiche, il 5% dei casi elettivi e il 4% dall’emergenza urgenza, nel rispetto dei tempi d’attesa. La maggiore complessità clinica ha generato un significativo aumento dei consumi interni. Il 6% per le prestazioni erogate dal Pronto soccorso, il 4% per i pazienti già ricoverati, con la conseguente erosione dell’offerta per chi arriva da fuori».

Tac e risonanze

Succede soprattutto per la radiologia. Le Tac sono aumentate sempre rispetto al 2019 del 16% nel Pronto soccorso, un reparto che praticamente sta diventando un primo improprio grande ambulatorio diagnostico. Le risonanze magnetiche sono cresciute dell’8% a favore dei ricoverati. Il Sant’Anna ha quindi sempre più una vocazione legata alla grande chirurgia, all’emergenza, agli ictus e all’oncologia e sempre meno posto per i bisogni di cura più generici.

Le indicazioni della Regione

In provincia l’ospedale di Cantù sta facendo e può continuare a fare la sua parte. L’offerta sanitaria nel Comasco si completa con i privati accreditati. Secondo Banfi questa impostazione data al Sant’Anna non vuole essere elitaria, al contrario in un momento di difficoltà la sanità locale «deve tenere botta» scegliendo un «criterio d’urgenza e complessità», dando la priorità alle patologie più gravi. Per ciò che è più lieve, tra non poche difficoltà, si sta del resto cercando di costruire le case e gli ospedali di comunità. Di fare filtro con la medicina generale, per evitare l’assalto al Pronto soccorso.

Va bene, però la Regione chiede comunque un balzo del 10% delle prestazioni rispetto al 2019, anche per dare spazio a tutti i pazienti. L’ultima delibera che impone uno sforzo alle Asst è stata firmata lunedì dalla giunta regionale e mette sul piatto altri 43 milioni di euro per snellire l’attesa sulle prestazioni più critiche.

«Il 2019 per noi è stato un anno d’oro, fare meglio non è semplice – dice Banfi – immaginiamo comunque di riuscire a incrementare l’offerta nel 2023 per attività come l’endoscopia e la neurologia. Perché sono reparti su cui abbiamo puntato, che stiamo rinnovando. Ci tenteremo, ma sarà più complicato, per specialità come dermatologia, oculistica e ortopedia. Qui l’esito è incerto».

Perché, spiega il direttore generale, sono sempre meno i dermatologi e gli oculisti che lavorano in convenzione con l’Asst Lariana, tanti si sono spostati sul privato e sono andati in pensione. Questa specialità nel pubblico sono da tempo in crisi. L’Asst Lariana deve inoltre dare la precedenza agli accertamenti di secondo livello, gli ospedalieri faticano a tenere testa alle prima visite. Detto che ancora oggi l’80% delle prestazioni offerte in tutto il Comasco in dermatologia e allergologia vengono riconosciute dall’Asst Lariana. Siamo attorno al 60% in emodialisi, neuropsichiatria infantile, malattie endocrine, radioterapia, pneumologia.

Resta infine secondo Banfi una residua fatica che si è accumulata durante i due anni di pandemia. La stanchezza dei sanitari, con un maggior numero di bisogni di cura che hanno presentato il conto, a volte anche in maniera impropria, stressando l’offerta già sotto pressione.

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