«Pane e bombe: la mia primavera a Kiev»

La storia In viaggio con Riccardo, volontario impegnato in una cucina militare ucraina: «Qui la gente aspetta. E resiste»

La primavera è arrivata a Kiev accompagnata dal suono delle sirene antiaeree. Nella notte tra il 21 e il 22 marzo, 31 missili russi diretti verso la Direzione dell’intelligence del ministero della Difesa, sono stati distrutti dalle forze ucraine, ma i detriti si sono abbattuti sugli edifici provocando 13 feriti. Era dalla fine di gennaio che non si registrava un raid così massiccio. I missili sono volati anche sopra la testa di Riccardo Rigliano, 23 anni, studente del corso di laurea in Scienze strategiche della sicurezza a Torino che si trovava a Kiev come volontario. Dal 14 al 23 marzo ha preparato pasti per i soldati in trincea all’interno della cucina militare gestita dall’associazione Murakhy, che in italiano significa “formiche”, una delle poche realtà che accetta stranieri tra i volontari e che Riccardo ha contattato attraverso Volunteer for Ukraine. Ha sfornato qualche migliaia di biscotti, diverse centinaia di pagnotte e ha collaborato nella preparazione di decine e decine di parti di pasti. Le unità al fronte contattano “le formiche” e chiedono se è possibile avere un aiuto perché le razioni che ricevono non sono sufficienti, vengono richiesti soprattutto pasti per la trincea, dove si consumano cibi liofilizzati altamente calorici e che soprattutto possano essere preparati con l’aggiunta di acqua calda, senza abbandonare la propria posizione. Una volta pronte e confezionate, le razioni vengono inviate alle stazioni della posta di Kramatorsk, Charkiv o Zaporizhzhia, i militari con un furgoncino le ritirano e le portano al fronte.

«Molta gente è fatalista: c’è chi ha smesso di correre nei rifugi»

«Murakhy vive grazie alle donazioni, un importante produttore mentre ero lì ha consegnato una tonnellata e mezzo di ali di pollo, ma anche i residenti portano cibo e loro si arrangiano mettendo insieme tutto ciò che arriva. Non sono gli unici che lo fanno, esistono più cucine sul territorio, non tantissime quelle destinate ai militari, per esempio ci sono gruppi internazionali di cuochi che operano a sud vicino a Zaporizhzhia e preparano pasti per i civili».

L’allerta tre volte al giorno

Nonostante il conflitto, Kiev è una città viva: «In alcuni momenti, solo se ti concentri sul fatto che c’è la guerra te ne accorgi. Ho parlato con tante persone, molte sono fataliste, non si rifugiano nei bunker a ogni sirena antiaerea, sono più di due anni che vanno avanti così, preferiscono vivere nelle proprie case. C’è un’App che avvisa quando scatta l’allerta in base alla regione dove ti trovi, succedeva due-tre volte ogni giorno, chi era accanto a me ignorava le allerte, però di notte, il momento in cui di solito arrivano droni e missili, le allerte vengono prese più seriamente». L’invasione è iniziata il 24 febbraio 2022, l’allerta suona in media tre volte al giorno che moltiplicati per circa 775 giorni, fa un totale di 2.325 volte in cui prendere per mano le persone che ami, agguantare una borsa con poche cose e rinchiudersi in un rifugio. A Kiev le ferite degli attacchi sono meno evidenti, ma profonde «ci sono le trincee nei parchi, si notano i segni di tentativi di protezione, a Irpin e Bucha invece, si vedono le case bruciate, i buchi negli edifici, ma anche lì stanno ricominciando a vivere. È come se la popolazione fosse bloccata, gli ucraini sanno che probabilmente non riusciranno a vincere, ma allo stesso tempo non riescono a immaginarsi una sconfitta, non riescono a immaginarsi i russi vincitori e non sanno fino a che punto possano spingersi. Sono bloccati in questa situazione, vanno avanti con le loro vite, hanno messo in pausa i piani a lungo termine, non possono fare altro che attendere, vedere cosa succede e resistere. Sono molto gentili e disponibili a raccontare la propria esperienza soprattutto a uno straniero che si interessa alla loro causa».

Vogue Ukraine ha pubblicato una copertina e un servizio fotografico ambientato in un’accademia militare, ci sono alcuni militari e una donna fotografati anche con vestiti di alta moda: «La ragazza viene fatta passare per una cadetta, ma in realtà è una modella che non ha mai servito nell’esercito. Una decisione molto controversa, ha fatto scalpore tra la popolazione il fatto di aver mentito così spudoratamente su una persona che non ha nessun merito militare, che non ha mai combattuto».

Una doppia identità

Riccardo vive a Cucciago e guarda all’Ucraina dalla guerra nel Donbass del 2014: «Mi interessava la dinamica di un paese che ha due identità, ucraina e russa, che combattono al suo interno e che già combattevano prima del conflitto». Quando è iniziata l’invasione nel 2022 ha inviato aiuti dall’Italia, ma voleva conoscere da vicino la situazione andandoci di persona. «E’ stata un’esperienza molto forte, mi ha aiutato a capire meglio l’anima più profonda del conflitto, parlando con le persone ti rendi conto di quanto la guerra sia stratificata dentro di loro, di come questi dieci anni abbiano creato uno storico lunghissimo di tragedie e di quanto il conflitto sia intrinseco alle loro vite».

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