Processo alla ’ndrangheta: in Appello confermate le pene

Inchiesta Nessuno sconto dei giudici per le 34 condanne agli imputati. Undici gli anni per Bartolomeo Iaconis, ritenuto il capo della locale di Fino

Il dettaglio delle condanne – vista la complessità e la lunghezza del capo di imputazione e del susseguente dispositivo, per la cui lettura in primo grado il giudice aveva impiegato addirittura 25 minuti – si saprà solo nelle prossime ore, ma nel pomeriggio di ieri la Corte d’Appello di Milano ha comunque confermato tutte e 34 le condanne che erano state inflitte nel dicembre 2022, in primo grado, nell’ambito dell’inchiesta contro la ’ndrangheta in provincia di Como che era stata denominata “Cavalli di Razza”.

In totale 200 anni di reclusione

Stiamo parlando di un totale di circa 200 anni di reclusione e con la pena più alta, oltre 11 anni, per il presunto boss della malavita calabrese in Lombardia, Bartolomeo Iaconis, ritenuto dagli inquirenti essere a capo della Locale di Fino Mornasco.

E’ questa la conclusione del processo di Appello nato appunto dall’operazione chiamata “Cavalli di razza”, vicenda che era venuta allo scoperto il 16 novembre 2021 con i fermi degli indagati di una maxi inchiesta della Squadra mobile di Milano e dalla Guardia di finanza di Como, coordinata dai pm della Dda Pasquale Addesso e Sara Ombra. Condanne che hanno confermato l’impianto accusatorio legato alle associazioni di tipo mafioso, con solo lievi riduzioni delle pene per alcune posizioni legate a questioni di stupefacenti.

A finire nelle carte dell’inchiesta erano state anche due donne comasche ritenute essere affiliate alla ’ndrangheta. Tra i 34 imputati dell’inchiesta “Cavalli di razza” sull’attività dei clan nella provincia comasca, ci sono infatti anche Carmela Consagra (moglie di Iaconis) nata a Rovello Porro 54 anni fa e residente ad Appiano Gentile, e Elisabetta Rusconi, nata a Como e pure lei residente ad Appiano Gentile, 57 anni, condannate entrambe ad oltre 7 anni. Dagli atti dell’inchiesta che aveva sgominato la Locale di Fino Mornasco, era emerso poi che Attilio Salerni (condannato a 8 anni) e il fratello Antonio (8 anni e 4 mesi) sarebbero stati gli esecutori materiali «di violenze e minacce nei confronti dei dirigenti» della Spumador Spa, nota azienda comasca finita nella morsa dei clan e per la quale era stata disposta l’amministrazione giudiziaria per infiltrazioni mafiose, poi revocata. Alla Spumador, parte civile nel processo, era andata una provvisionale di risarcimento di 100mila euro.

I reati contestati

Insomma, i giudici della quinta sezione penale hanno riconosciuto ieri l’impianto accusatorio dei pm della Dda che contestavano l’associazione di stampo mafioso e tutti i reati connessi come il traffico di stupefacenti, le bancarotte fraudolente, le estorsioni e le false dichiarazioni per uso di fatture per operazioni inesistenti. Solo leggermente modificate le pene, come detto, di un impianto che ha comunque retto.

Da segnalare che l’operazione “Cavalli di razza” era stata addirittura più ampia. Non tutti gli indagati avevano però voluto difendersi in Abbreviato. Alcuni avevano anche scelto il pubblico dibattimento che si era tenuto a Como e che aveva portato ad altre otto condanne, per un totale dunque di oltre 40, ma anche ad una assoluzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA