
Cronaca / Como città
Lunedì 23 Giugno 2025
Aiuti negati a una studentessa, il giudice condanna l’Inps
La vicenda Comasca con diagnosi gravi e difficoltà anche nel fare i compiti - Rifiutata l’indennità richiesta dai genitori. Tribunale: «Invece deve esserci»
Ci sono voluti due anni ai genitori di una ragazza comasca per farsi riconoscere il diritto a un’indennità mensile di frequenza, a supporto della sua istruzione. Il Tribunale di Como ha infatti respinto il ricorso dell’Inps, che contestava le conclusioni di un perito medico che aveva riconosciuto i «prerequisiti per l’indennità di frequenza» per la giovane studentessa.
«Autonomia limitata»
Tutto inizia quando la ragazzina frequentava la scuola media. In quegli anni, sono emerse una serie di difficoltà di apprendimento. Gli accertamenti specialistici avevano evidenziato una serie di disturbi misti degli apprendimenti con diagnosi di dislessia, discalculia e disgrafia. Quando la ragazza si è iscritta alle superiori, le difficoltà sono aumentate.
I genitori hanno compreso che la figlia aveva bisogno di un supporto maggiore e più professionale, e non limitarsi a un piano di studi personalizzato. Da qui l’esigenza di chiedere all’Inps l’indennità prevista a tutti i minori di 18 anni «cui siano state riconosciute dalle commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e di invalidità civile, difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età». Secondo l’Inps, però, la ragazza non aveva i requisiti necessari per ottenere l’indennizzo. Da qui la causa in Tribunale.
Il giudice ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio e il perito del Tribunale aveva riscontrato tutta una serie di difficoltà che lo ha portato a sottolineare come «sia affetta da un disturbo di gravità tale da limitarne le autonomie quotidiane e da determinare quindi difficoltà persistenti nello svolgimento di compiti e funzioni della propria età; la minore possiede dunque i prerequisiti per l’indennità di frequenza». E «tale condizione è da considerarsi presente sin dal momento della domanda amministrativa» che i genitori avevano presentato all’inizio del 2023. L’Inps si è opposta alla perizia: «Contrariamente a quanto affermato dal Ctu - ha sostenuto l’ente - la sola frequenza della scuola secondaria di secondo grado, in assenza di una patologia diagnosticata da specialista neuropsichiatra infantile comportante difficoltà persistenti nello svolgimento di compiti e funzioni della propria età, non è un criterio sufficiente per riconoscere il diritto all’indennità di frequenza».
La decisione
Il giudice Giulia Rachele Bignami ha respinto con forza il ricorso dell’Inps, arrivando a scrivere che «il giudizio del consulente del Tribunale» è «il risultato di una compiuta valutazione della condizione della minore e, soprattutto, delle concrete difficoltà che la stessa presenta nello svolgimento di attività “comuni” per minori di pari età. Per questi motivi si ritiene di poter aderire alla Ctu condividendone, tanto le argomentazioni, quanto le conclusioni cui l’esperto è pervenuto con metodo corretto, immune da vizi logici o di qualsivoglia altra natura».
Da qui la condanna all’ente previdenziale che dovrà pagare l’indennità degli ultimi due anni oltre a risarcire duemila euro di spese legali.
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