Ansia e stress, la scuola che “fa male”. Gli esperti: sempre più ragazzi a rischio

Il fenomeno Un tempo erano “solo” i disturbi dell’apprendimento quali disgrafia e discalculia: «Negli ultimi anni, e dopo la pandemia, aumentano tra gli studenti i casi di fragilità psicologica»

Famiglie e scuole sono più sensibili ai disturbi specifici dell’apprendimento che colpiscono il 10,2% degli studenti comaschi, ma ora a preoccupare docenti e medici sono soprattutto attacchi d’ansia e stress, anche tra i giovanissimi.

Che il Covid abbia avuto un impatto nell’accentuare problemi e risvegliare difficoltà latenti è ormai un dato di fatto, confermato da pedagogisti e neuropsicologi, ma ora serve capire come gestire il problema, per non fare sentire i ragazzi soli e aiutarli nel percorso scolastico.

La situazione

«Sicuramente la percentuale rispecchia quello che è l’accesso al nostro ambulatorio – spiega Verena Bassani, fondatrice e presidente dell’ambulatorio di neuropsichiatria infantile Centro Vela, che supporta bambini e ragazzi con bisogni educativi speciali (Bes/Dsa) -. Ci sono tanti bambini dalla terza elementare in poi, ma anche adolescenti, dalla prima superiore e qualcuno anche più grande. La legge 170 (che riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, ndr) ha portato a una maggiore sensibilizzazione presso le scuole e le famiglie, ma il dato è ancora importante». Come detto, non si tratta solo di Dsa. «Negli ultimi anni non si può più parlare solo di un disturbo specifico puro perché ci sono altri fattori che lo accentuano – aggiunge Bassani -. Per il Dsa puro, oggi come oggi, tutti gli strumenti devono essere stati acquisiti dalle scuole, ma ora c’è quest’altro problema legato all’ansia. Colpisce tutti, chiaro che i Dsa sono più sensibili. Questo è quello che noi vediamo in ambulatorio».

Fondamentale, dunque, che sanità e scuole facciano rete: come evidenzia Cinzia Zorino, coordinatrice di Studio facile dalla A alla Z (che organizza laboratori specifici per ragazzi con Dsa) è «fondamentale che i docenti facciano formazione, in modo tale che i ragazzi siano tutelati. Bisogna anche velocizzare la diagnosi, individuando già nelle scuole chi sono i ragazzini che ne hanno bisogno. Tutto questo per garantire loro una vita serena». Un compito difficile spetta proprio ai professori, in particolar modo dopo la pandemia. «Tutti i piccoli problemi che possono emergere, prima erano gestibili, ma con la pandemia si è stravolto tutto, i ragazzi hanno difficoltà enormi e fragilità piscologica - sottolinea Guido Grilli, docente del Setificio -. Un problema più generalizzato, anche per chi non ha certificazione Dsa. La dad, in emergenza, ha funzionato, ma c’è stato un abbassamento della preparazione di chi arriva alle superiori. Non esserci di persona, porta a un minor apprendimento. I ragazzi arrivano con l’ansia, si è notato anche a livello universitario».

Uno sportello da potenziare

«Sono stati catapultati in un mondo che non era il loro e le fragilità sono emerse. Da capire, ora, come gestire queste situazioni anomale: noi dobbiamo essere in grado di percepirle e compensarle con la didattica, ma soprattutto a livello umano. Bisogna strutturare la programmazione per non penalizzare chi ha capacità di apprendimento veloce, ma nemmeno chi ha bisogno di qualcosa in più. Servirebbero più figure di sostegno a livello psicologico, esiste già lo sportello d’ascolto sia per docenti che ragazzi, ma forse andrebbe potenziato».

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