Appello dei Comuni di frontiera
«Fate entrare gli svizzeri in Italia»

I commercianti invocano la piena ripresa delle attività. Intanto da oggi la Confederazione riapre i pubblici esercizi

Dopo gli albergatori, preoccupati per le poche auto con targhe svizzere che hanno raggiunto il Lario nelle due precedenti festività rossocrociate (Ascensione e Pentecoste), ora scende in campo anche l’associazione italiana Comuni di Frontiera, che attraverso il presidente Massimo Mastromarino chiede un segnale forte alla politica, reclamando una deroga alle restrizioni ancora in essere ai confini italiani per la festività svizzera - la terza della serie - del Corpus Domini, in calendario giovedì 3 giugno. Politica che sin qui - a tutti i livelli istituzionali - ha fornito solo risposte parziali alle legittime richieste delle zone di confine, a cominciare da Ponte Chiasso, dove i commercianti lamentano ormai sette mesi di totale abbandono, con i clienti ticinesi (e svizzeri) fermati dal tampone negativo in ingresso in Italia e novità dell’ultima settimana anche da un modulo di localizzazione digitale da compilare on line.

«La situazione sulla fascia di confine diventa ogni giorno più tesa, soprattutto dopo che Francia e Germania hanno allentato le regole per il passaggio tra Stati - scrive Massimo Mastromarino -. Giovedì 3 giugno è la solennità del Corpus Domini, festa in Svizzera con ponte lavorativo per molte realtà». Da qui la richiesta di «emanare da parte del ministero della Sanità un decreto di deroga temporale nella fascia dei 20 chilometri dal confine». «Sarebbe per le nostre attività economiche l’inizio della ripresa e soprattutto il segnale che la politica tutta non ha abbandonato il nostro territorio», chiosa il presidente dell’associazione italiana Comuni di Frontiera, che ai parlamentari in particolare chiede «di fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità affinché il decreto di deroga sia firmato».

Sin qui ci si è limitati al sempre impegno e ad un ordine del giorno, votato dal Governo, in cui si parlava di «valutare l’opportunità di dar corso ad una zona franca attraverso la frontiera», per far ripartire il commercio nelle aree di confine. Anche perché per il “Green Pass” europeo - allargato anche all’area Schengen - bisognerà attendere ancora un mese. «Il tempo stringe e le promesse non bastano più», la lapidaria dichiarazione di Massimo Mastromarino.

Tutto questo anche alla luce del fatto che sia in Ticino che nella vicina Lombardia - per restare alle due realtà di riferimento - i contagi ed i ricoveri sono in picchiata ormai da giorni (12 i contagi annunciati ieri dall’ufficio di Sanità di Bellinzona). E da oggi la Svizzera riapre dopo cinque mesi anche gli spazi interni di bar e ristoranti, un mese abbondante dopo la riapertura delle terrazze, vale a dire le aree all’aperto. Ieri pomeriggio, via social, il ministro federale Alain Berset ha parlato di grandi riaperture, sottolineando che - da oggi - possono riaprire i battenti «ristoranti, bar, centri wellness e termali». «Tra amici e famiglie potranno incontrarsi fino a 30 persone al chiuso e 50 all’aperto. Per gli eventi varrà un limite di 50 persone», ha aggiunto Berset. Una notizia, quella della riapertura degli spazi interni di bar e ristoranti, che interessa circa 1500 frontalieri, cui si aggiungono i nostri lavoratori che rientreranno nelle rispettive aziende, dopo che lo smart working da obbligo è stato derubricato in raccomandazione.
Marco Palumbo

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