Appetiti criminali sull’economia comasca

L’allarme All’Insubria convegno con l’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo e la presidente del Tribunale: «Su questo territorio le mafie sparano meno ma fanno affari più facilmente con la politica e con le imprese»

«Le mafie sparano meno e questo consente loro di fare affari più facilmente con la politica e con l’economia. E il territorio comasco è da sempre un territorio molto appetibile». Pronti via, l’ex pm di Mani pulite Piercamillo Davigo (già presidente di sezione alla Cassazione) mette subito in chiaro un concetto: la provincia di Como piace ai professionisti dell’economia illecita.

Lo fa aprendo i lavori di un convegno formativo, organizzato dal Dipartimento di diritto economia e culture dell’Università dell’Insubria, nell’aula magna della sede di Sant’Abbondio. Dal titolo: “L’economia illecita fra diritto e cronaca. Uno sguardo al territorio insubre”. L’intervento del magistrato è un viaggio nel passato, come quando nel 1983 «sequestrai il Casinò di Campione d’Italia. La società che lo gestiva era infatti riconducibile a Nitto Santapaola», sanguinario boss di Cosa Nostra.

Imprese permeabili

Passano i tempi, non gli interessi della criminalità organizzata sull’economia comasca. Anzi. Ma se nel passato la mano mafiosa non passava inosservata, oggi le strategie si sono fatte ben più raffinate. «Nelle nostre procedure fallimentari - sono le parole di Paola Parlati, presidente del Tribunale di Como - ci troviamo spesso di fronte a scatole vuote, società nate solo per accumulare debiti erariali che alterano gli equilibri di mercato e con finalità contigue agli interessi della criminalità organizzata».

Proprio per questo motivo lo scorso mese di autunno proprio il Tribunale cittadino ha firmato un protocollo operativo con la Direzione distrettuale antimafia: «Un anello per riuscire a congiungere la patologia economica a quella penale». Il protocollo parte da una considerazione di fondo allarmante, che così sintetizza la presidente del Tribunale: «La consapevolezza che le attività economiche» anche sul nostro territorio «sono permeabili». E quindi grande attenzione ai settori del movimento terra, dell’edilizia, dell’autotrasporto, delle cooperative, della logistica e del facchinaggio. Campanelli d’allarme? La presenza di amministratori domiciliati distanti dalla società, oppure di amministratori troppo giovani o troppo anziani soprattutto quando non hanno esperienza (e che quindi rischiano di essere semplici prestanome), un numero di dipendenti sproporzionati rispetto all’attività, la presenza di trust o fiduciarie.

Cultura della legalità

Tra i vari interventi anche quello del presidente dei commercialisti comaschi, Alberto Sala: «Mentre prima le organizzazioni mafiose si facevano la guerra, oggi si mettono d’accordo per acquisire appalti e per scalare società. Ma la lotta alla criminalità organizzata non può essere delegata alla magistratura: serve una maggiore consapevolezza culturale». A partire dai professionisti, perché «quelli deviati lavorano inevitabilmente come una proiezione della criminalità organizzata». Anche la presidente dell’Ordine degli avvocati, Daniela Corengia, ha sollecitato una «diffusione maggiore della cultura della legalità, soprattutto tra gli studenti».

Tra i vari interventi anche quello del direttore dell’Agenzia delle dogane di Como Luca Pignanelli e del tenente colonnello Selenia Centi del nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf e dei professori Elena Mognoni e Alessandro Panno.

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