Ats perde il tampone della bimba disabile
«E nessuno risponde da due settimane»

La minore ha fatto il test il 27 agosto, da quel momento non si è più saputo nulla - Le autorità si negano alla madre e senza il referto la piccola non può tornare al centro diurno

Due settimane di attesa per conoscere l’esito del tampone della figlia disabile e, quando pretende risposte, si scontra contro il muro di gomma di Ats Insubria.

Nuovo pasticcio sul fronte tamponi. Questa volta la vittima è una bambina disabile alla quale è stato imposto di fare il tampone per rientrare al centro diurno, anche in vista della ripresa delle lezioni. Da 14 giorni dopo l’esito non è arrivato e all’Ats Insubria nessuno fornisce informazioni.

Questo il resoconto della mamma comasca, che si è rivolta a La Provincia per denunciare l’accaduto. Sua figlia, dopo tanti mesi difficili passati a casa, si è sottoposta al tampone come misura di sicurezza a tutela della già fragile comunità di disabili che frequenta ed anche per l’imminente ripartenza delle lezioni. La richiesta è arrivata tramite Ats Insubria. Dunque la madre della bambina affetta da una grave disabilità, si è rivolta alla pediatra che ha preparato ricetta e ha fatto richiesta al sistema sanitario. L’appuntamento per il tampone è stato fissato il 27 agosto in Napoleona. Parentesi: a Como i tamponi ordinari li effettua l’Asst Lariana nel vecchio ospedale, ma la competenza è in capo all’Ats Insubria. Detto che le analisi dei tamponi di Como, salvo quelli fatti internamente dal nuovo Sant’Anna per i soli pazienti, vengono spedite ai laboratori di Varese dell’Asst Sette Laghi per i referti.

Passano i giorni, la mamma ancora non riceve nulla. Il centro diurno nel mentre ha riaperto. Non ricevendo i risultati la donna comincia a preoccuparsi. Cerca online, chiede aiuto alla pediatra tramite il fascicolo sanitario regionale. Niente. Venerdì scorso fa partire un sollecito formale tramite medico. Ieri si è attacca al telefono, ma dall’Ats non risponde nessuno. Centralini, numeri verdi, uffici. Al numero verde della Regione le spiegano che se il tampone l’ha fatto a Como è a Como che deve rivolgersi. Le forniscono però un indirizzo mail.

Qualche ora dopo il telefono squilla e da un numero privato un’infermiera comasca le racconta di aver ricevuto e letto le sue segnalazioni e di avere chiesto lumi a Varese, dove avvengono le analisi. Anche all’infermiera però non hanno dato risposte. Quindi la gentile operatrice propone alla famiglia di mandare già stamattina un medico a casa per rifare il tampone, questa volta a domicilio. La mamma però rifiuta l’offerta. Non tanto per il fastidio - che c’è, visto che il tampone non è necessariamente indolore soprattutto per i bambini - di dover far rifare il test alla figlia. Quanto perché vorrebbe sapere che fine ha fatto il precedente tampone.

Anche la pediatra pretende una risposta scritta dalle autorità sanitarie. Da Ats e ospedali chiamati in causa. Richiamata l’infermiera, la professionista sanitaria riferisce alla madre di aver fatto il possibile ma che dev’essere la famiglia a cercare un contatto con l’Asst dei Sette Laghi a Varese. Il numero è sul sito, viene suggerito loro.

Questa il riassunto della storia. Di mezzo c’è una bambina fragile che voleva rivedere dopo tanti mesi i suoi amici e tornare a sedersi su un banco. Dalla prossima settimana le lezioni ripartono e la mamma della protagonista della disavventura si chiede se, scomparso il tampone, la figlia potrà rientrare in classe.

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