Cronaca / Como città
Lunedì 01 Dicembre 2025
Botte alla mamma, bimbi traumatizzati. Venti minori in cura a Telefono Donna
Maltrattamenti Sempre più minori vittime di “violenza assistita”. Oltre 40 casi dal 2022. La psicologa: «Gli abusi anche solo percepiti creano ferite. I bambini vittime invisibili»
«Quando un bambino assiste a una violenza in famiglia o solo la percepisce, questo va a minare profondamente il suo senso di sicurezza. Il trauma causato è enorme. E spesso questi minori sono vittime invisibili». La sezione comasca di Telefono Donna ha in carico attualmente venti bambini vittime di “violenza assistita”. Minori che hanno vissuto, all’interno della famiglia, un clima di abusi e maltrattamenti, i cui padri o i compagni della madre si sono macchiati di reati gravissime, di botte, di violenze.
Orfano di femminicidio
Il dato è emerso ai margini dell’incontro, tenuto in biblioteca a Como la scorsa settimana, dal titolo “Orfani di femminicidio”. Una tavola rotonda voluta dall’Associazione Donne Giuriste Italia di Como. Tra le relatrici la psicologa Rosalba Marano, che si occupa della presa in carico dei minori vittime di violenza assistita o subita per conto di Telefono Donna.
«Ancora c’è poca esperienza in questo campo - ha spiegato la professionista - ma da alcuni anni veniamo coinvolte dalla rete Dire», la rete di centri antiviolenza per donne che si occupa di contrastare la violenza di genere. Di fatto: ogni volta che una vittima di abusi e violenze viene presa sotto l’ala protettrice dei centri, in caso di presenza di bambini coinvolti Telefono Donna interviene per la loro presa in carico.
«Innanzitutto procediamo ai colloqui nei quali cerchiamo di creare accoglienza e costruire un’alleanza - prosegue la psicologa - Quindi cerchiamo di aiutarli a rileggere l’accaduto: anche solo avere uno spazio può servire».
Il valore di un servizio simile lo ha spiegato bene Pasquale Guadagno, 29 anni, che quando ne aveva 14 è rimasto orfano di femminicidio. Suo padre, un uomo violento che da anni maltrattava la moglie e i due figli, una domenica di aprile uccise la mamma di Pasquale: «Fu l’apice di una vita di abusi, botte, schiaffi, pugni - ha raccontato - Siamo cresciuti pensando che la violenza in ambito famigliare fosse la normalità. Nessuno ci aveva mai detto che non lo era. Dopo la morte di mia madre il mio cervello ha lavorato in difesa perché dovevo sopravvivere. Mi sono allontanato dalla realtà di quello che ero, ma ciò che vivevo era solo una maschera. Solo dopo 10 anni sono crollato e ho chiesto aiuto. Sì, avrei avuto bisogno eccome di qualcuno che mi consentisse di rielaborare ciò che mi era successo».
Campanelli d’allarme
Ciò che è emerso nel convegno è l’assenza di una vera ed efficace rete di prevenzione. «Quando i servizi di tutela minori intervengono - sono state le parole di Francesca Telve, psicologa responsabile dell’area Minori e famiglie del Consorzio Servizi sociali dell’Olgiatese - ormai il pregiudizio si è già verificato, perché troppo spesso non si intercettano i campanelli d’allarme. Credo siano fondamentali due fattori. Il primo: il lavoro fondamentale di una educazione affettiva fin dalle scuole medie. Il secondo: coinvolgere la comunità e far capire a quella comunità il valore della prevenzione e del fare rete anche con i servizi sociali».
Dal punto di vista del sostegno ai minori, vittime invisibili delle violenze sulle loro madri, la normativa italiana è molto carente. Lo ha detto, con forza, la presidente dell’Adgi di Como, l’avvocatessa Rachele Viganò: «Solo nel 2018 si è iniziato a fare qualcosa con una legge che ha introdotto una serie di agevolazioni per gli orfani di femminicidio». Ma l’accesso a quei fondi è complicato: «Si ha diritto all’assistenza psicologica pagata dallo Stato, ma se non si ha un proprio reddito ancorché basso. La cifra che lo Stato riconosce agli orfani di femminicidio è di 60mila euro. Non a figlio. Ma da dividersi per tutti i figli. E poi, quando il processo finisce, lo Stato sparisce».
Tornando ai minori, dal 2022 sono stati 41 i bambini presi in carico da Telefono Donna perché vittime di violenza assistita o subita. Tra questi Arturo (nome di fantasia), 7 anni: «Non veniva mandato a scuola, spesso, perché il padre non voleva parlasse delle botte alla madre, donna picchiata e denigrata - ha raccontato Rosalba Marano - Quando lo abbiamo preso in carico lui non parlava. Ma giocava. E grazie al gioco e al disegno ha dato voce al suo trauma». Un trauma sempre più diffuso anche nella nostra provincia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA