Cronaca / Como città
Giovedì 23 Ottobre 2025
Carducci, mediazione fallita: «Via di lì». «No, restiamo»
La battaglia La giunta respinge l’offerta dell’associazione di cedere il civico 5. Il Tribunale: «Prendiamo atto, ora decidiamo noi». Udienza il 5 novembre
Como
Altro che muro contro muro. Provare a far dialogare Comune di Como e Associazione Carducci, sarebbe impresa possibile anche per i Caschi blu dell’Onu. I giudici del Tribunale ci hanno provato, hanno sollecitato una possibile intesa, un accordo, un ritrovarsi a metà strada tra i due contendente, ma la risposta è stata, da ambo le parti, assolutamente negativa. E quel labile spiraglio che sembrava essersi aperto, si è richiuso con tanto di sbatter di porte in faccia gli uni agli altri. E ora spetterà ai magistrati prendere una decisione (che, manco a dirlo, sarà seguita quasi certamente dall’ennesimo ricorso da parte di chi non si riterrà soddisfatto).
Muro contro muro
Ieri mattina, davanti alla presidente del Tribunale e a due giudici, gli avvocati di Palazzo Cernezzi e la presidente dell’associazione, Maria Cristina Forgione, si sono nuovamente ritrovati nell’ambito dell’appello presentato dal Comune contro l’ordinanza con la quale il giudice, Agostino Abate, aveva ordinato all’amministrazione «di non porre in essere qualsiasi attività di limitazione o divieto dell’attuale occupazione da parte dell’associazione Carducci degli immobili siti in via Cavallotti 5 e 7, e del corretto svolgimento delle attività ivi programmate, con divieto di sgombero o sfratto» autorizzando «l’associazione Carducci alla rimozione di ogni lucchetto o qualsiasi altra chiusura o ostacolo, posto in essere dal Comune di Como a limitare l’uso degli immobili».
Un paio di settimane fa, all’apertura dell’udienza, la presidente del Tribunale Paola Parlati aveva sollecitato un possibile accordo tra le parti. L’avvocato Forgione aveva così proposto di liberare l’immobile al civico 5. I legali del Comune avevano chiesto tempo per sottoporre l’offerta, facendo così trapelare uno spiraglio a una soluzione condivisa. E invece, nulla di tutto ciò. La giunta, infatti, ha respinto la proposta su tutta la linea sottolineando «che non sussiste alcuna ipotesi alternativa» allo sgombero completo dei locali da parte dell’associazione «trattandosi di diritti non negoziabili e non disponibili». A questo punto la presidente Parlati ha provato a tastare la disponibilità da parte del Carducci di lasciare spontaneamente entrambi gli edifici, ottenendo il no della presidente Forgione: «Ipotesi non accoglibile, stante il nostro buon diritto all’occupazione» sulla base «dell’atto notarile a suo tempo stipulato».
La stessa Forgione ha voluto far mettere a verbale l’indisponibilità da parte del Comune a qualsiasi trattativa.
Conservatorio alla finestra
E dopotutto il sindaco Alessandro Rapinese non ha mai fatto mistero di volersi «portare via tutto» e di chiudere fuori l’associazione culturale.
In attesa della decisione cautelare da parte del Tribunale (appuntamento al 5 novembre per la prossima udienza) non resta che registrare come il grattacapo Carducci sembri destinato a non trovare una soluzione. Perché se le due parti in causa non riescono a dialogare in alcun modo, e anzi non perdano occasione per mandarsele a dire, va anche detto che pure la giustizia sembra far fatica a dirimere una controversia che trae origine da atti di oltre un secolo fa. Nel frattempo il Conservatorio di Como osserva l’intera questione con comprensibile interesse: la sede di via Cadorna non è più sufficiente per ospitare gli studenti, in costante crescita, e gli edifici di viale Cavallotti erano stati indicati come nuova sede dove trasferirsi.
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