Chiude il campeggio dei “disperati”: venti i senza tetto, tra loro un bimbo

Lazzago A fine anno lo stop dell’attività, i Servizi sociali si occupano solo dei residenti a Como. Timori per le sorti degli altri occupanti: in molti casi la soluzione rischia di essere la strada

Situazione sempre più critica a Lazzago, al camping “No stress”, che il 31 dicembre dovrebbe chiudere. Come noto trattasi di camping poco camping e molto dormitorio, da quando - ormai da anni - i bungalow furono stabilmente affittati a chi per una ragione o per l’altra non riusciva a trovare altro genere di sistemazione: disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, stranieri in attesa di regolarizzazione, clochard e titolari di contratti part time o a tempo determinato, di quelli che in genere fanno storcere il naso ai proprietari delle case in affitto. A meno di una decina di giorni dalla “dead-line”, sono più o meno una ventina gli ospiti ancora in cerca di soluzioni alternative. Tra loro anche una famiglia di stranieri con regolare permesso di soggiorno e un ragazzino di 11 anni.

La situazione

I Servizi sociali del Comune si sono attivati per chi risulta residente nel territorio del capoluogo, una quota parte risibile del totale. Sul destino degli altri ospiti si sa ancora poco o nulla, e questo benché rispondendo a una domanda della consigliera Patrizia Lissi, il sindaco Alessandro Rapinese abbia garantito in consiglio comunale di avere già «avvertito» i suoi colleghi sindaci sui quali ricade la responsabilità. Capire poi se qualcuno di loro abbia fatto qualcosa o se, come sembrerebbe, nessuno abbia mosso un dito è impresa titanica, in un contesto di vite in bilico nel quale anche le parole fanno paura, e ciascuno limita le proprie al minimo.

I motivi di preoccupazione, in ogni caso, sono fondati, come confermano i volontari che in queste ore si danno da fare per vagliare soluzioni dignitose. Per rendersene conto basterebbe dare un’occhiata ai portici della basilica del Crocifisso o al riparo costituito dalle tettoie dell’ex supermercato in fondo a via Regina Teodolinda. Alla sera ci sono una quarantina di senzatetto accampati con cartoni, coperte e carabattole, mentre un numero imprecisato di altri fantasmi si ripara qua e là in altre stamberghe. Non tutti sono sempre disposti a farsi aiutare - come sa bene chiunque abbia mai avuto a che fare con questo tipo di umanità -, ma è anche vero che se lo fossero, offrire loro un tetto sarebbe parecchio complicato. I letto, dove ci sono, sono tutti esauriti, a partire da quelli messi a disposizione dalle parrocchie che aderiscono a “Betlemme”, progetto di accoglienza approntato proprio per fare fronte a questo genere di emergenze.

Le ordinanze di chiusura

Per tornare al camping “No stress”, dei suoi bungalow si iniziò a parlare nel maggio del 2020 quando la polizia ne ordinò la chiusura per violazioni dell’allora proverbiale “Dpcm” Covid; cinque giorni più tardi in una delle “casette” fu rinvenuto il cadavere di un ospite 58enne, deceduto per cause naturali, ma il campeggio non chiuse, né chiuse lo scorso gennaio quando un altro ospite - 66 anni - finì ricoverato in condizioni parecchio gravi dopo una fuga di gas che per poco non lo ammazzò. Il secondo ordine di chiusura, questa volta decretato dal Comune, restò lettera semi morta per diverse settimane, quantomeno fino a quando, lo scorso febbraio, al primo morto e al quasi morto, si aggiunse un terzo decesso di una signora di 51 anni, trovata senza vita nel suo bungalow dal figlio da poco maggiorenne. Da allora soltanto silenzi, in attesa di soluzioni: il Comune ha fatto sgomberare tutta la parte del terreno di sua proprietà. Ce n’è una seconda, di proprietà privata, ancora aperta, con poche “casette” e con il suo residuo di ospiti. Hanno i giorni contati. La speranza è quella che tutti trovino un alloggio alternativo ai portici del Crocifisso.

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