«Città disumana, colpa della politica». Don Giusto: «Chiusi tra lago e colline»

La lettera Don Giusto: «Qui “nemici tutti”, basta vedere il consiglio comunale. E dalla Provincia zero aiuti»

Como

«Como disumana» secondo don Giusto Della Valle e non tanto per via delle persone che la abitano, ma per via dei politici che la guidano. A livello comunale tanto quanto provinciale. La riflessione del parroco di Rebbio arriva, come spesso accade, con una lettera indirizzata ai suoi fedeli e pubblicata sul mensile distribuito in questa domenica. «L’intolleranza si fa strada nei nostri quartieri: è necessario ritrovare umanità - scrive don Giusto - La politica che è anche l’arte di guidare una città è tra i servizi più importanti in una collettività. Io credo e collaboro con le istituzioni che guidano una città, una provincia, una regione e l’Italia».

«Semm cumasch?»

A dare lo spunto è un dato relativo agli aiuti partiti dal territorio comasco verso l’Ucraina, sottoforma di donazioni ma soprattutto di persone che per più di tre anni hanno varcato (e continuano a farlo)i confini tra l’Unione Europea e l’Ucraina per stare vicini a chi dalla guerra è stato maggiormente colpito.

«Abbiamo da più parti sollecitato a chi guida la città e la Provincia di Como un aiuto per le popolazioni ucraine. Risposta quasi nulla: Como disumana». Ma non basta, perché don Giusto punta il dito anche su un’altra guerra senza precedenti che tocca Como visto il gemellaggio con due città situate nei territori coinvolti. «Recentemente si è chiesto un ristabilimento di contatti con la città di Nablus, in Palestina, e Netanya, in Israele, contatti morti negli anni, ma che in tanti consideriamo un piccolo segno per prendere parte alle sorti di Israele e Palestina - scrive, riferendosi alla mozione avanzata in consiglio comunale dal gruppo di minoranza del Pd, ma bocciata dalla maggioranza - Risposta nessuna: Como disumana».

Due crisi del mondo di fronte alle quali la politica comasca tace sono la manifestazione per don Giusto di una città ripiegata su sé stessa, «chiusa tra lago e colline». A partire proprio da Villa Saporiti e Palazzo Cernezzi. «“Semm cumasch” tanto sventolato significa siamo chiusi, disumani? (e la frecciatina al motto del Como 1907 è evidente, ndr) Ricordate la pubblicità sui bus della nostra città: “Como città fratelli tutti”? (l’iniziativa civica nata per dare aiutare i cittadini più fragili, ndr) La nostra città va piuttosto nella direzione del “nemici tutti”, basti vedere il bassissimo profilo dialogico dei consigli comunali, o dell’ “indifferenti tutti”, “passivi tutti” o altro». Le considerazioni di don Giusto non valgono per tutti i comaschi, come precisa lui stesso, ricordando le «migliaia di persone» che ancora credono nella possibilità di costruire «una città di Como fraterna». Il problema? L’impossibilità di trovare luoghi e occasioni di dialogo e «men che meno identificarci in chi guida la città».

«Responsabili alcuni cittadini»

E poi don Giusto individua in un piccolo, ma significativo, evento di quartiere avvenuto a inizio agosto un altro segno della Como che vira verso la disumanità, ovvero la poca tolleranza di parte dei cittadini per i bambini che giocano e che fanno rumore. Il riferimento è a una lamentela pubblicata sui social da un residente di Rebbio che lamentava la presenza di musica e schiamazzi nel campetto della parrocchia, una domenica sera. «Che siano maledetti» scriveva il cittadino in questione.

Per don Giusto questo altro non è che «il preludio di una città “casa di Riposo”, certo è un segno preoccupante di una Como - ancora una volta lo sottolinea don Giusto - disumana».

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