Como (semi) deserta
Il lockdown svuota
anche i negozi aperti

In centro ieri pochissime persone. Le immagini sono molto simili a quelle di marzo. Esercenti arrabbiati, qualche bar prova l’asporto

Deserta, come non si vedeva da marzo. Così appariva piazza Duomo, da sempre centro della vita cittadina con i suoi bar pieni di turisti e i comaschi a passeggio. Ieri però, alle undici di mattina del primo giorno di zona rossa, di fronte alla cattedrale e lungo via Vittorio Emanuele e i portici Plinio, si contavano meno di dieci persone. Un numero impensabile solo tre giorni fa e paragonabile solo con la passata primavera. Segno che, sebbene si sia parlato di un lockdown “morbido”, diverso rispetto a quello di qualche mese fa, il risultato non è troppo diverso.

Saracinesche abbassate

In mattinata, alcuni bar erano aperti, ma solo per le pulizie. Titolari e dipendenti, infatti, armati di scopa e paletta, mettevano a posto il locale e la zona antistante. Dalle porte, trascinavano fuori le ultime bevande, prima di chiudere a chiave. A prevalere erano le porte serrate e le luci spente, e dalle vetrine si notavano ancora le sedie collocate sui tavolini. In pochi hanno deciso di tenere aperto: pochissimi esercizi provano a puntare sull’asporto. La sensazione, parlando anche con alcuni esercenti, è che valuteranno nei prossimi giorni, non escludendo di cambiare idea già lunedì, in attesa di dicembre. Anche perché le limitazioni al movimento per la popolazione sono stringenti e vige il divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

Discorso diverso, invece, per i negozi. Sulla carta, non sono poche le tipologie consentite in queste due settimane di “zona rossa”, ma nonostante questo, negli esercizi di via Luini, i clienti si contavano davvero sulle dita delle mani.

Sulle saracinesche abbassate, invece, i cartelli sono ancora quelli appesi in questi mesi, con gli avvisi sul numero massimo di persone consentite all’interno, l’obbligo della mascherina, l’invito a disinfettarsi le mani e a mantenere le distanze. In via Cinque Giornate, un esercente sfoga la sua rabbia, condivisa dai suoi colleghi, su un foglio di carta appiccicato all’esterno “Ci avete rotto i... Incapaci!”. Se a marzo, di fronte a un virus sconosciuto arrivato all’improvviso, abbassare la serranda in attesa di tempi migliori sembrava l’unica cosa da fare, ora prevale la frustrazione.

Intanto, in un centro storico vuoto, sono pochissime le persone incontrate e quasi tutte con cane al guinzaglio o una borsa della spesa in mano. Emblematico il caso di piazza Volta. Attorno alle 17, il centro nevralgico della movida comasca era completamente deserto. Solo ventiquattr’ore prima, i locali avevano tutti i posti a sedere occupati, mentre i giovanissimi occupavano le panchine e il monumento, spesso senza rispettare le distanze e anche con la mascherina. Uno scenario non inedito, se la mente corre alla primavera passata, ma opposto a quanto registrato nei mesi estivi e nelle scorse settimane (e a quanto visto solo nel pomeriggio di giovedì, prima dell’entrata in vigore delle nuove limitazioni).

Del resto, il decreto parla chiaro: in zona rossa è vietato ogni spostamento, anche all’interno del proprio Comune, in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute. Non è permesso andare da un municipio all’altro e nemmeno cambiare provincia o regione.

Le speranza

La speranza, piuttosto remota a dire il vero, è che fra due settimane, grazie alle misure intraprese, i dati sorridano anche a Como e in Lombardia. Ma, al momento, farci affidamento assomiglia a un atto di fede.

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