
Cronaca / Como città
Giovedì 10 Luglio 2025
Comasco torna da Gaza
«Tra fame e distruzione
la voglia di sopravvivere»
Il racconto Rusconi è rimasto per due mesi nella Striscia dove ha coordinato un progetto di Medici senza frontiere La testimonianza: «Più nulla di bello. Solo le persone»
«Delle tante che ho vissuto, questa è l’unica guerra in cui passi tutto il tempo a scrutare il cielo». Angelo Rusconi, comasco e da anni collaboratore di Medici Senza Frontiere, per cui è stato in diversi scenari di crisi, dall’Uganda al Congo, ha raccontato ai volontari della parrocchia di Rebbio quello che ha vissuto per quasi due mesi all’interno della Striscia di Gaza. Un luogo in cui la minaccia arriva dall’alto, tramite droni e bombe che cadono senza sosta, a ogni ora del giorno, dal 7 ottobre 2023. «Conoscevo già Gaza City, ci avevo vissuto undici anni fa ed era un posto bello. Ora di bello non c’è più niente».
«Un gioco al massacro»
Il suo resoconto è stato accompagnato nel corso della serata da numerose fotografie scattate all’interno della Striscia. Distese di macerie e feriti tra i primi elementi che saltano all’occhio. Ma anche ingegnose opere di sopravvivenza, che è la cifra di quello che Rusconi riporta a Como da Gaza. «Quella che Israele sta commettendo a Gaza è un’aggressione tecnologica e una costante vessazione dei diritti umani - ha spiegato, senza ricorrere a mezzi termini - Si vive in quartieri distrutti, dove è quasi impossibile trovare palazzi ancora in piedi, e divisi in blocchi. Io stavo nel 785. Quando arriva la notifica sul cellulare che bisogna evacuare il blocco in cui si vive, si hanno sette minuti per lasciare tutto». Ai suoi collaboratori, medici e infermieri di Gaza City, è capitato decine di volte di perdere la casa in 20 mesi di guerra. Una guerra che ha fatto della fame un’arma - Rusconi ha operato nella Striscia anche nel corso delle settimane in cui ogni tipo di rifornimento è stato bloccato da Israele all’esterno della Striscia - e della tecnologia la risorsa principale. «Ci sono droni che mappano in continuazione la biometria dei residenti, poi arrivano per ucciderti. Lo fanno colpendo il tuo appartamento, senza preavviso. Basta andare a una distribuzione di cibo, gestita da un’organizzazione creata per conto di Israele e Stati Uniti, la Gaza Humanitarian Foundation, e lì essere fotografati, perché il tuo volto resti “in memoria”. È un gioco al massacro».
«Amiamo la vita»
Un gioco orribile a cui anche gli operatori umanitari devono imparare a giocare. Come è capitato a Rusconi nel caso dell’ambulatorio di primo soccorso che ha contribuito a far posizionare a 800 metri da uno dei famigerati punti di distribuzione del cibo, dove in queste settimane molti palestinesi hanno perso la vita nella calca o sotto il fuoco israeliano. «Medici Senza Frontiere ha in affitto il terreno, ma c’è il divieto di costruire da parte di Israele. Allora ci siamo limitati a parcheggiare dei camion e li abbiamo collegati tra loro, all’interno è nato un centro medico. Bisogna fare così: si agisce con creatività, per sopravvivere». Anche perché a Gaza manca tutto. Il diesel per far funzionare gli ospedali viene prodotto artigianalmente bruciando la plastica, con un processo pericolosissimo. Il cibo, che non arriva dall’esterno, perché i camion con gli aiuti umanitari sono bloccati, viene raschiato da terra o recuperato nei punti di distribuzione. «Alla mia assistente ho detto: davvero hai mandato tuo marito anche se c’è il 50% di possibilità che non torni vivo? Lei mi ha risposto solo che c’era la possibilità che tornasse con 25 chili di farina». L’acqua, soprattutto, è introvabile. Occorre desalinizzare quella del mare, un processo complesso e caro: «La distribuiamo, pagando con il diesel la desalinizzazione, ma quando finiremo il diesel, non potremo più distribuirla e tra bambini e donne incinte fortemente denutriti, l’acqua è la medicina più preziosa».
A Gaza City però c’è qualcosa che Rusconi ha trovato e riportato a Como. «C’è un grandissimo desiderio di sopravvivere tra la gente - ha spiegato a chi è arrivato a Rebbio per ascoltare il suo racconto e capire come fare la propria parte - Mi sono chiesto spesso cosa ci fosse di ancora bello a Gaza, ho capito che è la gente. Nient’altro. Non resta nulla. Ma lì ho conosciuto un giovane uomo rimasto a fare il medico. Si era sposato un mese e mezzo prima e mi ha detto: io e mia moglie amiamo la vita. In tanti anni, nessuno me lo aveva mai detto così».
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