Como: il futuro dello stadio
«Sia un’occasione
per ripensare la città»

Le reazioni alla lettera aperta sul Sinigaglia. Castiglioni: «Occasione per cercare un rilancio». Spallino: «L’impianto deve convivere con la convalle»

Aprire un confronto sul tema del destino dello stadio, del comparto di cui questo fa parte e delle altre aree strategiche della città.

La proposta contenuta nella lettera aperta - firmata dall’ex assessore Nini Binda, dagli impenditori Michele Canepa, Paolo De Santis, Moritz Mantero, Simona Roveda, Gerolamo Saibene, dal presidente di Confcooperative Mauro Frangi, dal presidente di ComoNext Enrico Lironi, dalla pediatra Roberta Marzorati, dall’architetto Angelo Monti e daal commercialista Angelo Palma - raccoglie consensi nella società civile comasca.

«Il tema è molto complesso e sensibile - dice Filippo Arcioni, presidente di Villa Erba - perché la zona dello stadio è una di quelle di maggior valore storico e architettonico della città: dal “transatlantico” allo stadio fino al Monumento ai Caduti, il quartiere è il tempio del Razionalismo. Liquidare il problema con un contratto di 12 anni per la gestione del Sinigaglia è una soluzione che può andare bene per rispondere alle esigenze della squadra - che certo non possono essere ignorate - ma trascura completamente la vocazione del luogo. Ritengo che il problema vada affrontato in chiave molto più complessa, mettendo attorno a un tavolo tutti gli attori, l’Ordine degli architetti, l’amministrazione comunale, la Sovrintendenza - che, non dimentichiamo, dovrà pronunciarsi - per pensare un progetto che contemperi le esigenze sportive con la delicatezza e l’importanza storica dei luoghi».

Sottoscrive la posizione degli undici firmatari anche Giacomo Castiglioni, imprenditore ed ex presidente della Fondazione della comunità comasca: «Sono perfettamente d’accordo con quanto hanno scritto - dice - e sposo appieno l’iniziativa. Sarebbe tempo che la città si attivasse per cercare un rilancio, magari partendo proprio da quest’occasione. Da troppo ci troviamo in una situazione di rinuncia o di scelte non sempre esemplari: ben venga un sussulto che risvegli la città».

«Da esteta e storico della città - dice il fotografo Enzo Pifferi - non posso non ricordare che lo stadio è nato lì perchè quello era un quartiere tutto dedicato allo sport e a forte impronta razionalista, e questo retaggio non si può cancellare. Non so come sia il progetto di riqualificazione, già rispetto al progetto originario è stata cancellata la pista di ciclismo che tante volte è stata teatro dell’arrivo del Giro di Lombardia e ha visto sfilare anche Fausto Coppi, come testimoniano alcune foto che custodisco nel mio archivio. Credo sia importante tutelare la memoria sportiva e architettonica che quell’area della città rappresenta».

Lorenzo Spallino era assessore all’Urbanistica della giunta Lucini quando nel Pgt si affrontò il tema della convivenza tra lo stadio e la convalle: «Non credo - è ora il suo commento - che non si possa non concordare sulla prima parte della lettera, quella in cui si chiede un disegno generale per la città. Devo invece confessare che faccio fatica a ritrovarmi nella contrarietà alla presenza in convalle di una struttura professionistica come il calcio. Sono un convinto sostenitore della necessità della convivenza tra il Sinigaglia e la città. In questo senso è stata scritta la scheda di Pgt dedicata all’area, che fissa i confini dell’intervento del privato, all’interno di un comparto da trasformare in zona a traffico limitato. In quest’ottica, che è quella degli stadi europei di ultima generazione, parlare di parcheggi è quanto meno obsoleto».n 
B.Fav.

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