Condannato, in arresto e pure sospeso dal suo ordine professionale. Ma il commercialista lavorava lo stesso... e così la Finanza gli sequestra tutti i computer

L’inchiesta Sorpreso a contattare i clienti nonostante fosse ai domiciliari per frode fiscale. Blitz dei finanzieri che gli sequestrano anche telefoni e la connessione a internet

Arrestato lo scorso settembre con l’accusa di un’evasione fiscale milionaria, accompagnata anche dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, il commercialista “nullatenente” con studio in centro storico a Como aveva poi ottenuto gli arresti domiciliari. Ritenuti sufficienti per scongiurare il rischio che potesse reiterare il reato ipotizzato a suo carico dalla Procura.

Che abbia commesso nuovi reati difficile a dirsi, ma di certo i finanzieri della compagnia di Olgiate Comasco - che hanno indagato su di lui, coordinati dal pubblico ministero Massimo Astori - ora gli contestano che mentre si trovava in custodia cautelare nella sua villa (peraltro messa sotto sequestro) ha continuato a mantenere i contatti con i clienti e a lavorare. Il tutto non solo a dispetto del divieto imposto dal giudice, ma anche della sospensione cautelare disposta dal consiglio di disciplina dell’Ordine dei Commercialisti della provincia di Como.

Le accuse

Ha seriamente rischiato di tornare in carcere, Gianpaolo Palmiero, quando i finanzieri sono entrati in casa sua e gli hanno sequestrato tutti gli apparecchi elettronici e di comunicazione presenti: portatili, personal computer, tablet, telefoni cellulari e pure la connessione a internet. Motivo del provvedimento, elementi acquisiti dagli investigatori su contatti avvenuto in questi mesi con dei clienti.

In particolare i finanzieri avrebbero intercettato delle mail, inviate dal fiscalista, dove il professionista avrebbe tranquillizzato sul fatto che fosse tornato a operare come in passato. Quando, in realtà, non avrebbe potuto neppure avvicinarsi a un apparecchio elettronico in grado di comunicare con l’esterno.

Il blitz delle fiamme gialle è stato messo a segno nei giorni scorsi, ma si è saputo soltanto successivamente, a margine dell’udienza preliminare che - proprio questa settimana - ha portato alla condanna (in primo grado, quindi parliamo di una sentenza parziale e ancora da confermare prima in appello e infine in Cassazione) a quattro anni e due mesi di reclusione per dichiarazione fraudolenta mediante artifici, emissione di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il tutto per un ammontare di circa tre milioni di euro.

I beni sequestrati

Oltre alla condanna, il giudice ha disposto anche la confisca - quando e se la sentenza passerà in giudicato - di tutto ciò che la Procura ha fatto sequestrare lo scorso settembre. Ovvero le quote delle quattro società riconducibili al professionista con studio in via Diaz (ma domicilio ad Alserio) utilizzate - nell’ipotesi dell’accusa - per frodare il fisco, denaro contante per oltre 300mila euro, ma anche immobili tra i quali la villa con piscina dove il commercialista abita con la famiglia. Villa che, tra l’altro, sarebbe stata costruita con soldi di una società cooperativa, riconducibile al fiscalista stesso, i cui proventi sarebbero derivati - sempre secondo l’accusa - dalla (presunta) maxi evasione fiscale.

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