“Coprifuoco” da Coronavirus
Como si ferma e i bar protestano

Tanta confusione nei locali e tra i clienti. C’è chi chiude “per ferie”. E il Comune blinda l’accesso

Bar chiusi, ristoranti aperti. Bar-ristoranti? Dipende. Supermercati, non c’è l’assalto, oppure sì, a seconda dei prezzi e della posizione. E la gente? Non si parla d’altro: la parola “Coronavirus” si diffonde di bocca in bocca, entra in qualsiasi conversazione: una circolazione che, fortunatamente, il virus non conosce, non ora, non a Como.

Confusione: non c’è modo migliore per descrivere la città ieri, primo giorno dell’ordinanza che si ripercuote sulla vita quotidiana in un abbondanza di paradossi. Il più evidente: se il senso della serrata dei bar dopo le 18 è evitare che tante persone si assembrino nello stesso luogo, dall’aperitivo in giù, è anche vero che ci sono locali che possono restare aperti, come i fast food, dove i clienti sono, come sempre numerosissimi e senza alcuna limitazione di sorta.

Il giro per i locali del centro

In piazza Cavour il “Bar Touring Caffè” - così dice l’insegna dello storico locale – è aperto, perché è un ristorante. Il Monti, “Cocktail bar – Wine & food” è, invece chiuso, così come il piccolo “Why not?”, nel mezzo. In piazza Volta, dove i bar occupano gran parte del perimetro, gli esercenti la prendono con filosofia: Mattia Leparulo del wine bar Il Sorso si concede un drink con i clienti pochi minuti prima dello scoccare delle fatidiche ore 18 mentre al Posta e al Krudo si spiega con gentilezza a chi non sa dell’ordinanza che la chiusura è stata anticipata. «A saperlo mi sarei messo in vacanza», scherza Leparulo, ma c’è chi lo ha fatto davvero: «Visti i ripetuti annullamenti delle varie prenotazioni, noi andiamo in ferie» si legge sulla porta d’ingresso del Pronobis di via Lambertenghi. E mentre i baristi chiudono, attorno si chiacchiera e il “Coronavirus” continua a viaggiare, grazie al cielo solo a parole.

Assalto nei supermarket? Il comasco dimostra di saper scegliere: al Carrefour 24/7, ai giardini a lago, c’è tutto, non ci sono scaffali particolarmente vuoti. Manca l’Amuchina, che non si trova da nessuna parte, più preziosa dell’oro fuso. Anche all’Esselunga del Dadone, in mattinata, la situazione era quasi normale, ma in serata inizia a sparire l’acqua e anche lo scatolame, la pasta e i sughi si vendono di più. Se si vuole un vero scenario da film catastrofico, bisogna arrivare all’Iperal di Monte Olimpino: lì davvero i generi di prima necessità sono andati a ruba, complice il viavai dalla Svizzera.

Ma la Como non si è svuotata anche se, incredibile, ieri si poteva posteggiare senza patemi in viale Lecco, complice la chiusura degli uffici pubblici (ma il parcheggio del Municipio era, invece, esaurito). Un piccolo presidio, fuori da Palazzo Cernezzi, per ribadire ai cittadini quello che il sindaco aveva comunicato domenica: uffici chiusi – anche oggi - «salvo per i servizi essenziali. Verranno evase solo le necessità improrogabili. Disponibili solo in quel caso, quindi, l’anagrafe, l’ufficio cimiteri per i servizi mortuari e i servizi sociali in via Italia Libera, sempre e solo per le emergenze». All’esterno nastro rosso per impedire l’accesso e un volontario della Protezione civile per vagliare le richieste. Chiuso il portone di via Vittorio Emanuele.

San Fedele chiusa

E se per qualcuno alle 18 scatta automaticamente l’ora dell’aperitivo, per i fedeli è l’ora della messa ed è inusuale vedere San Fedele con le porte chiuse, senza l’abituale ingresso per la funzione. E non c’è nient’altro da fare: chiusi il teatro, i cinema, rimandati a data da destinarsi tutti gli spettacoli. Non resta che tapparsi in casa. Oppure, come qualche avventore particolarmente intraprendente, portarsi il vino proprio da casa, con bicchieri di carta usa e getta per brindare comunque. Ultima nota: le mascherine sono introvabili, ma di persone in giro a volto protetto ce ne sono davvero pochissime (dei turisti cinesi, ad esempio). Segno che, probabilmente, vengono conservate per un domani alquanto incerto.

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