Covid, la testimonianza
«Quando sono entrato in ospedale?
Ero davvero terrorizzato»

Antonio Melli ha 67 anni, la voce gentile e lo sguardo sereno. Ma non si vergogna certo: «Quando ho saputo che mi ero contagiato mi sono davvero spaventato»

Un iPad sul comodino, il telefono cellulare sul letto e sul tavolo di fronte il casco della c-pap: «Ora lo devo usare solo di notte. È rumoroso, ma ci ho fatto l’abitudine e riesco ancora a dormire bene».

Antonio Melli ha 67 anni, la voce gentile e lo sguardo sereno. Ma non si vergogna certo (e perché mai dovrebbe) ad ammettere: «Quando ho saputo che mi ero contagiato mi sono davvero spaventato. E sì, ero terrorizzato quando mi hanno portato qui in ospedale».

Il signor Melli è uno dei 15 pazienti (ovvero tutti quelli presenti in reparto) ricoverati attualmente in malattie infettive al Sant’Anna a causa del Covid. Prima di iniziare a raccontare si alza per indossare una mascherina chirurgica. Per farlo toglie il saturimetro dal dito e il monitor comincia a protestare.

Erano i primi di marzo quando ha scoperto di essere stato afferrato dalla malattia: «Sia io che mia moglie ci siamo ritrovati positivi. Non so davvero come sia potuto succedere. Per fortuna mia moglie è rimasta asintomatica, io invece ho iniziato fin da subito ad avere problemi di respirazione». Che sono peggiorati con il passare dei giorni, senza lasciare alcuna alternativa se non il ricovero.

«Ero spaventatissimo, quando sono entrato in ospedale - ricorda - Ma sono stato fortunato perché in questo reparto sono tutti eccezionali. Anzi, le dirò ho accettato di raccontare la mia esperienza solo perché era giusto far sapere a tutti la professionalità, l’umanità e la gentilezza di tutto il personale del reparto».

Il signor Melli lavora come amministrativo in un’azienda che commercializza prodotti farmaceutici: «Mi piace il mio lavoro e non ho fretta di andare in pensione» confida. La sua stanza d’ospedale, non fosse per i monitori, le flebo, il casco per l’ossigeno appoggiato sulla scrivania, sembra organizzata quasi come un ufficio: «In effetti - dice - l’ho organizzata come un ufficio, con l’iPad e il telefono. Così posso darmi da fare anche qui». E sul fronte della solitudine che prova un malato di Covid: «Sì, ci si sente soli. Ma io sono fortunato: posso chiamare casa. E ormai le condizioni migliorano». Insomma, il peggio è alle spalle. Antonio Melli si concedere un sorriso, prima di salutare.
P.Mor.

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