
(Foto di archivio)
L’inchiesta Nessun reato per la fattura da 460mila euro inserita nel bilancio sbagliato. Prosegue il processo per peculato, ma questa decisione potrebbe avere delle ripercussioni
Como
L’avvocato Mario Botta, all’epoca della condanna inflitta al suo assistito Matteo Fois a Como, aveva definito la sentenza «sorprendente». Devono averlo pensato anche i giudici della Corte d’Appello di Milano, che hanno ribaltato la decisione e assolto con formula piena l’ex presidente del Comitato di Como di Croce Rossa dall’accusa di falso in atto pubblico.
Una vicenda, questa, collaterale all’indagine più corposa relativa al presunto drenaggio illecito di fondi dell’associazione di soccorso da parte di Fois, quand’era commissario prima e presidente poi. Ma non è escluso che le motivazioni dell’assoluzione possano anche avere una ripercussione sul processo comasco.
Prima di spiegare come e perché, ricostruiamo la vicenda. L’accusa si riferiva a una singola fattura da 460mila euro utilizzata per formare il bilancio del 2018 del Comitato di Como di Croce Rossa. Una fattura emessa a carico di Asst Lariana, che ha permesso al Comitato di Como di chiudere il bilancio con un utile di 314.160 euro anziché una perdita di 149.278. A febbraio quella fattura fu stornata con una nota di credito con emissione di una nuova fattura corretta.
Per la Procura e per il giudice preliminare di Como Mercaldo, non si era trattato di un errore. Quella singola fattura, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe infatti stata utilizzata da Fois per aggiustare il bilancio del 2018. Inoltre quel documento sarebbe stato utilizzato con le banche per ottenere linee di credito e liquidità che, altrimenti, il Comitato di Como avrebbe rischiato di non avere.
Il giudice condannò Fois a un anno e 8 mesi di reclusione, con lo sconto di un terzo della pena per la scelta del rito abbreviato, una pena superiore anche alla richiesta sollecitata dal pubblico ministero.
Il fascicolo giunto alla sentenza di appello, e favorevole per Fois, nasce sì nell’ambito della più complessa vicenda della disastrosa gestione dei conti del Comitato comasco di Croce Rossa, anche se è separata. E nonostante questo, non è detto - ma molto dipenderà dalle motivazioni della sentenza - che possa condizionare il filone principale.
La difesa dell’ex presidente è convinta che Croce Rossa non sia più un ente pubblico e che, per questo motivo, non possa in alcun modo essere contestato a Fois il reato di peculato, ovvero di appropriazione indebita commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.
Se la Corte d’Appello di Milano dovesse, nelle motivazioni (attese tra due mesi) sottolineare che l’assoluzione per falso in atto pubblico è legata proprio al non riconoscimento dell’associazione di soccorso quale realtà di diritto pubblico, allora potrebbe cadere pure l’accusa di peculato.
Nel prossimo mese di settembre Matteo Fois dovrà ripresentarsi in aula, a Como, per rispondere dell’accusa di essersi appropriato di oltre centomila euro dalle casse della Croce Rossa. Ma il danno erariale, che è stato contestato dalla Procura regionale della Corte dei Conti, ammonta a oltre 260mila euro. Ma anche su questo punto tutto dipenderà da come i giudici hanno considerato la Croce Rossa: un ente pubblico (come sostiene l’accusa) oppure, come sottolineato da parte dell’avvocato Botta dopo la condanna (ora annullata) del 2024, una realtà che da oltre dieci anni ha perso quella caratteristica? Non una differenza da poco. La stessa che passa tra un’assoluzione e una condanna.
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