Disastro Rsa, l’Ats denunciata in Procura
Tre esposti della Cgil di Como e Varese

La Cgil di Como e Varese deposita tre esposti contro l’ex Asl per mancata prevenzione - Controlli su operatori e ospiti scattati troppo tardi. E l’unità di crisi è stata attivata soltanto alla fine di marzo

Como

Il disastro tamponi raccontato da La Provincia, sfocia in tre esposti depositati ad altrettante Procure nei confronti dei vertici dell’Ats Insubria. A formalizzare una richiesta di indagine penale sulla gestione dell’emergenza Covid nelle case di riposo delle province di Como e Varese è la Cgil che, atti e numeri alla mano, accusa l’ex Asl non solo di non aver svolto alcuna attività di sorveglianza nelle Rsa, nonostante i campanelli d'allarme partiti dagli stessi sindacati, ma di aver avviato la campagna tamponi sugli operatori e sugli ospiti delle case di riposo soltanto ad aprile inoltrato.

Tre, come detto, le Procure interessate: quella di Como, dove ieri è stato depositato l’esposto firmato congiuntamente dal neo segretario provinciale Umberto Colombo e dalla collega di Varese Stefania Filetti, e quelle di Busto Arsizio e di Varese.

La prima richiesta urgente di intervento da parte dei sindacati della funzione pubblica, risale al 16 marzo, quando alla direzione dell’Ats Insubria viene segnalata la carenza di dispositivi di protezione tra gli operatori delle Rsa. Quattro giorni dopo nuova lettera, con la richiesta di tampone per tutti gli operatori sanitari delle case di riposo.

Di fronte al silenzio da parte dell’ex Asl, le cui competenze dopo la riforma Maroni della sanità sono state accorpate per Como e Varese nell’Agenzia di tutela della salute con sede a Varese, il 28 marzo i rappresentanti dei lavoratori del comparto sanità si sono rivolti direttamente al prefetto, Ignazio Coccia.

Una conferma indiretta del ritardo con cui Ats si è mossa, d’altronde, è giunta in una lettera a firma del direttore generale Lucas Maria Gutierrez scritta in risposta all’inchiesta sullo scandalo tamponi realizzato proprio da La Provincia: «Viene affermato - scrive Gutierrez in risposta ai nostri articoli - che Ats Insubria abbia “rispedito al mittente ogni richiesta di tampone” e ciò abbia causato la diffusione del Covid nelle case di riposo. Al riguardo si precisa che le Rsa sono strutture private con una propria direzione sanitaria e che il tampone rappresenta uno strumento di diagnosi a disposizione del referente sanitario. Ciò premesso, in virtù delle difficoltà che le Ats hanno riscontrato nell’approvvigionamento dei tamponi, Ats Insubria» ha «destinato una parte delle forniture regionali alle Rsa» del territorio.

In realtà, accusa ora la Cgil, agli appelli disperati provenienti dalle case di riposo inizialmente Ats avrebbe risposto con l’invio dei nomi e dei curricula di possibili operatori da contattare. E in ogni caso l’unità di crisi sulle Rsa è stata creata solo il 28 marzo e - dati Ats alla mano - alla data del 21 aprile (quasi due mesi dopo lo scoppio della pandemia in Lombardia) il numero di tamponi effettuati nelle case di riposo di Como e Varese sono stati meno di 1900 quelli sugli ospiti (a fronte di oltre 10mila utenti nelle Rsa dei tue territori) e meno di 1600 sugli operatori (su un totale di più di 7000 persone).

Secondo la Cgil di Como e Varese (che tra l’altro contesta anche la mancanza di dati certi, completi ed esaustivi, come già denunciato più volte anche da queste colonne), insomma, il ritardo con cui Ats Insubria si è mossa per gestire la diffusione del Covid nelle Rsa e, soprattutto, l’assoluta attività di prevenzione e controllo avrebbe contribuito a causare il contagio e il numero spaventoso di decessi.

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