Disposta la perizia psichiatrica per l’assassino di don Roberto Malgesini

Il processo I giudici della corte d’Appello accolgono la richiesta della difesa che in primo grado a Como era stata respinta. I parenti del sacerdote non si costituiscono

La Prima sezione penale della Corte d’Assise d’Appello di Milano ha disposto la perizia psichiatrica sulla mente di Ridha Mahmoudi, il tunisino che la mattina del 15 settembre 2020 pose fine – a coltellate, e lasciando una scia di sangue dal punto dell’agguato (a San Rocco), fino alla caserma dei carabinieri di Como dove si costituì – alla vita del prete degli ultimi. Una medesima richiesta non era stata accolta nel corso del processo di primo grado che si era concluso con l’ergastolo.

La decisione è stata presa ieri mattina, nell’apertura del processo d’Appello sulla morte del religioso, freddato alla mattina – nel punto dove oggi sorge una croce in sua memoria – mentre stava preparando le colazioni da portare ai senzatetto della città. Mahmoudi, che era uno degli uomini che don Roberto seguiva, l’aveva sorpreso di spalle, fingendo un mal di denti. Appena don Roberto si era infilato nel retro della sua auto per caricare le colazioni, il tunisino l’aveva aggredito colpendolo più volte con un coltello fino ad ucciderlo. Il motivo sarebbe da ricercare, secondo quanto Mahmoudi aveva poi riferito, in un presunto complotto ai suoi danni, di cui anche don Malgesini faceva parte, per farlo rimpatriare.

Mahmoudi aveva aggredito don Roberto alle spalle

La difesa – rappresentata dall’avvocato Sonia Bova – aveva già chiesto in primo grado la perizia psichiatrica senza successo. Ieri invece i giudici di Milano hanno deciso in senso opposto, affidando l’incarico a due periti (i dottori Marco Lagazzi e Mara Bertini) che inizieranno i lavori il prossimo 6 luglio presso il Servizio clinico forense di Milano dove si presenterà anche il consulente di parte Mario Pigazzini. Una volta stabilito il metodo, gli incontri con Mahmoudi avverranno presso il carcere di Monza e proseguiranno tutta l’estate. Ad inizio ottobre i periti consegneranno le loro conclusioni mentre la prossima udienza è stata fissata per la metà sempre di ottobre.

L’imputato anche ieri mattina era in aula. La pubblica accusa, come in primo grado, si era opposta alla perizia psichiatrica ritenendo che non ve ne fosse la necessità. Il quesito chiede ai periti di valutare se il tunisino sia «affetto da patologia psichiatrica tale da compromettere – escludendola del tutto o diminuendola grandemente – la capacità di intendere e di volere al momento del fatto». Compromettendo, se questo dovesse essere stabilito, la capacità di stare in giudizio. Ed ancora, viene chiesto, se Mahmoudi sia «affetto da disturbo della personalità» e se sia «persona socialmente pericolosa».

Non erano in aula, invece, i parenti di don Roberto che hanno deciso di non costituirsi nel processo d’Appello: «Abbiamo valutato che non fosse più necessario proseguire – ha commentato l’avvocato che li rappresenta, Maurizio Passerini – Quello che volevamo era il riconoscimento simbolico dell’euro di risarcimento e la condanna, cosa che abbiamo già ottenuto con il primo grado. Non era nell’interesse della famiglia proseguire oltre».

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