Le voci dei rebbiesi: «Noi con don Giusto, chiede solo che la politica dia una mano»

Il caso I residenti replicano al sindaco che aveva auspicato l’allontanamento del loro parroco: «È stato un missionario, ha portato qui la sua esperienza. E fa quello che domanda la Chiesa»

Como

«Cosa conta davvero? La legge dell’uomo o la realtà che ci si trova davanti?». A parlare è una donna sulla sessantina, che cammina svelta in via Varesina. Non vuole mostrarsi, ma racconta di vivere a Rebbio e di essere stata aiutata, tanti anni fa, da don Giusto Della Valle, quello stesso parroco che alla pagina 4 de “Il Focolare” – periodico della parrocchia di Rebbio pubblicato domenica scorsa – ha firmato un editoriale intitolato “Como disumana”.

Leggi anche
Leggi anche

Nel testo, circolato sul web, si parla delle popolazioni ucraine e della «risposta quasi nulla» nei loro confronti da parte di Comune e Provincia. Si ricorda il doppio gemellaggio con Nablus (in Palestina) e Netanya (in Israele), due città che Como non avrebbe più ricontattato. E si menziona, tra le altre cose, «l’intolleranza o quasi per i bambini che giocano e fanno rumore sotto casa». Insomma, un menù completo di riflessioni, che non tutti hanno accolto con favore. L’editoriale ha infatti sollecitato una reazione immediata da parte del sindaco Alessandro Rapinese e dal presidente della Provincia Fiorenzo Bongiasca. Entrambi hanno respinto le affermazioni del parroco, ma il sindaco Rapinese ha aggiunto: «Posso garantire che a Rebbio non vedono l’ora che a don Giusto trovino un’altra destinazione. I rebbiesi non riconoscono più il loro quartiere e non si riconoscono nemmeno nel suo caotico e disordinato modello di accoglienza».

«Persona di buoni principi»

Ma chi vive a Rebbio la pensa davvero così? «Don Giusto è una persona di buoni principi, qualcuno potrebbe dire che vive fuori dai canoni, ma quello che ha lo mette a disposizione» racconta Catherine Buttone, residente a Rebbio da 18 anni. «La parrocchia è cambiata in parallelo al quartiere, che però già all’epoca era multietnico e abitato da chi non poteva permettersi una casa in centro». E proprio perché Rebbio è fatto così, «è giusto che le persone possano integrarsi. Anzi, lo spirito cattolico dovrebbe essere proprio questo». Ma don Giusto «dà spazi e possibilità anche a chi cattolico non è. Del resto è stato un prete missionario, quindi ha portato la sua esperienza qui». Giuseppe e Anna sono una coppia che si è trasferita nel quartiere 15 anni fa. «Don Giusto fa tantissimo per queste persone extracomunitarie – raccontano -. È un po’ il loro salvatore: se non ci fosse, chi li accoglierebbe? Siamo sinceri». Per poi aggiungere: «Non si può dare ragione o torto a nessuno dei due. Il sindaco fa il sindaco e il don fa il prete».

Tra le vie del quartiere

Tra le vie del quartiere, è difficile immaginare una Rebbio senza il parroco attuale: «Ben venga che questi ragazzi siano aiutati», oppure «don Giusto è utile, fa quello che chiede la chiesa. Se non se ne occupasse lui, chi lo farebbe?», o ancora: «Lui fa quello che può, poi la gente avrà sempre qualcosa da dire». Una signora che vive da poco nella zona aggiunge: «Questo è un oratorio vivo, ci vengono non solo gli stranieri ma anche tanti anziani».

Ieri pomeriggio, proprio all’oratorio, don Giusto faceva quello che fa tutti i giorni. E in mezzo ai bambini e agli adulti ospitati, c’era anche Rolando Panzeri, che non vive a Rebbio, ma ogni settimana va in oratorio come volontario tuttofare. «Bisogna capire il senso profondo di quello che è stato scritto, anziché rifiutarlo a priori. Si parla di umanità e Don Giusto chiede che la politica dia una mano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA