Cocaina in città: «La diffusione ha raggiunto livelli folli. E c’è chi si inizia a drogare a 13 anni»

Dipendenze Il responsabile della comunità di recupero Arca lancia l’allarme: «L’età di chi usa droghe s’è abbassata drammaticamente. C’è troppo malessere in giro: bisogna aiutare le famiglie»

Chiami il responsabile della comunità Arca per chiedere un commento sull’idea di sottoporre chi fa uso di droga a una sorta di trattamento obbligatorio (idea lanciata su queste colonne dal professor Luca Michelini), e ti ritrovi travolto da un grido d’allarme dai toni drammatici: «In questa città il flusso di cocaina ha raggiunto livelli assolutamente folli. La gente sta male, non è capace di stare al mondo e quindi ricorre sistematicamente all’uso di droghe e alcol».

L’allarme

A parlare è Maurizio Galli, consigliere delegato della comunità Arca per il recupero dalle tossicodipendenze. L’occasione per la chiacchierata, è la lunga riflessione che il docente di storia del pensiero economico all’università di Pisa, Michelini, ha pubblicato su La Provincia di sabato. Due i concetti principali. Il primo: valutare la legalizzazione delle sostanze stupefacenti. Il secondo: siccome la droga sta diventando un problema sociale enorme, bisognerebbe introdurre l’obbligo per gli assuntori a sottoporsi a percorsi di cura.

«Le persone arrivano in comunità quando sono alla frutta. Quando si rendono conto che non hanno altra alternativa se non curarsi - commenta Maurizio Galli - E quindi quando capiscono che è giunto il momento di cambiare la propria vita. Prima, quella consapevolezza semplicemente non c’è. E come fai a obbligare una persona a cambiare vita se non in realtà non vuole farlo? È impossibile. Dei professionisti che usano cocaina (e di cui abbiamo dato conto nelle scorse settimane in cronaca ndr), quanti davvero vorranno curarsi?».

E sul vecchio dibattito legato alla legalizzazione, commenta: «Discutiamone pure, ma perdiamo di vista il punto. Cioè che la gente, e questo è il vero problema, sta male e non è capace di relazionarsi senza il supporto di un eccitante che lo faccia stare meglio».

Sempre più giovani

E se queste riflessioni sembrano già di per sé allarmanti, lo sono ancora di più quelle sui giovani: «Il vero problema che dobbiamo porci è che i ragazzi iniziano a far uso di droga sempre prima. Se un tredicenne inizia a fumare già a quell’età, il rischio che sviluppi problemi psichiatrici è altissimo - prosegue Galli - Le persone che abbiamo nelle comunità noi, sono soggetti che anni fa hanno cominciato quella strada lì nello stesso modo. Tutti pensavano: lo faccio una volta… ogni tanto. Fino a quando non si ritrova da noi».

L’età di primo consumo si abbassa. E il Covid ha peggiorato la situazione: «In questo momento sono le famiglie ad aver bisogno di aiuto. Noi - prosegue il responsabile della comunità Arca - curiamo la punta di un iceberg, ma le famiglie oggi non ce la fanno più. Avere un ragazzino in casa oggi è difficile, le famiglie abdicano e il giovane fa quello che vuole. Non parlo di tornare all’educazione di un tempo, ma il problema dei limiti bisogna porlo seriamente: oggi non ci sono più. Sembra normale che alle 3 di notte ci siano in giro quattordicenni soli?».

Più che di cure obbligatorie, Maurizio Galli vuole parlare di prevenzione: «Perché quando si cura, ammesso che poi davvero le persone vogliano curarsi, ormai è tardi». E per capire la serietà del campanello d’allarme suonato dall’educatore della comunità, basti il paragone con gli anni Novanta quando l’eroina era una piaga: «Gli eroinomani di una volta erano tosti, certo, ma erano un’altra cosa. Oggi c’è un malessere molto più profondo e problemi psichiatrici pesantissimi, più gravi di allora». E di fronte a questo quadro, per tornare all’idea della cura obbligatoria, la conclusione di Galli sembra venire da sé: «È la relazione che cambia una persona, non la terapia… un relazione diversa con sé e con gli altri. E questa la si può cominciare anche prima. Attraverso la prevenzione e l’aiuto alle famiglie».

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